Ciao Stefano

Il montaggio del nostro film è stata una delle fasi più travagliate del nostro processo produttivo. Abbiamo chiuso e riaperto il film numerose volte, ogni volta modificandone la struttura. Questa continui stravolgimenti hanno rischiato di far fallire il nostro progetto. Se oggi il nostro il film è un film e non il tentativo di un film lo dobbiamo fortemente anche a Stefano Malchiodi che ha rielaborato il nostro lavoro, curandone il montaggio. Nonostante la sua giovane età ha dimostrato una capacità di analisi, una saggezza e una professionalità non comuni. Stefano aveva le qualità di un grande cineasta e lo ha dimostrato anche vincendo un David di Donatello per il suo cortometraggio “Anne” che stava realizzando proprio mentre montava il nostro film. Se una morte incomprensibile non lo avesse strappato alla vita a soli 32 anni siamo certi che ci avrebbe regalato ancora delle bellissime storie. Oggi proviamo solo tristezza per questa notizia che ci lascia increduli ma siamo grati alla sorte per averlo incontrato sulla nostra strada, il suo nome è e resta legato al nostro film, ai nostri ricordi, alla nostra storia.

Esino ritornerà a casa

Durante l’incontro-proiezione del 18 marzo a Genga, il paese di Diviso ed Esino, il coordinatore regionale dell’AICVAS, Giordano Vecchietti, aveva lanciato una proposta che aveva il sapore romantico di un gesto che appariva assai difficile da realizzare ma che molto sarebbe piaciuto a noi tutti presenti all’iniziativa. Giordano aveva chiesto all’autorità comunale di Genga di farsi promotrice del tentativo di far rientrare a casa il corpo di Esino. Quel giorno nulla sapevamo circa l’effettiva possibilità di identificazione e conservazione del corpo di Esino che era morto durante la battaglia di Guadalajara, in cui era presente sul versante opposto anche suo cugino Diviso.

La famiglia di Esino. Esino è il bambino alla sinistra della madre, con medaglione al collo

Ebbene oggi abbiamo appreso dalle autorità spagnole che il corpo di Esino era stato effettivamente identificato e seppellito presso il cimitero di Guadalajara e che da lì sarebbe stato traslato presso il cimitero di Zaragoza dove dovrebbe ancora essere presente, sebbene al momento in cui scriviamo ancora non se ne ha la certezza definitiva.

In ogni caso ancora una volta ci accade di trovare tracce di Esino, la sua vita stroncata così presto non vuol essere dimenticata. Il caso, il destino o chi per lui ha fatto di tutto per lasciare prove del passaggio di Esino su questa terra. Il suo coraggio, la sua determinazione a lottare per la libertà, il suo sacrificio non sono ancora dimenticati e noi vogliamo continuare a lavorare perché la sua memoria sia conservata e onorata, nella speranza che il suo corpo possa ritornare finalmente a casa e riposare accanto a quello di sua madre e suo padre morto solo pochi giorni prima di lui.

Oggi in Spagna, domani in Italia – Proiezione a Genga (AN) 18 marzo 2023

Era 13 novembre del 1936 quando Carlo Rosselli da una radio di Barcellona pronunciava questa frase che per alcuni risuonava come una minaccia, per altri come una speranza. Carlo Rosselli aveva compreso quanto quel conflitto riguardasse da vicino la sorte di tutti i popoli soggiogati dal fascismo, non solo quello Spagnolo. Questo lucido monito fu ignorato da tutti i governi della democrazie liberali, Stati Uniti, Francia, Inghilterra e Francia ma fu perfettamente compreso dai tanti volontari, spesso anche di umili origini, che lasciarono il loro paese per andare a combattere in Spagna.

Esino Marinelli (1936)

Tra questi volontari ci fu anche Esino Marinelli, un operaio italiano che lavorava alle ferrovie francesi e che quando scoppiò la guerra civile si aggregò alle Brigate Internazionali. Nello stesso momento suo cugino, Diviso Marinelli, anche a seguito di alcune sfortunate vicende personali si arruolava formalmente come volontario nel Corpo Truppe Volontarie mandato da Mussolini a combattere per Franco.

Diviso Marinelli (2016)

Esino è morto in Spagna, mentre Diviso è sopravvissuto alla guerra e noi siamo riusciti fortunosamente ad intervistarlo nel 2016. Già sapevamo che Diviso aveva combattuto a Guadalajara e cercando le tracce di Esino siamo riusciti a scoprire che anche Esino aveva combattuto in quella battaglia dove aveva trovato la morte. Durante l’intervista che gli abbiamo fatto, Diviso ha improvvisamente ricordato di aver combattuto anche presso il palazzo Ibarra, l’ultimo tragico scampolo di quella battaglia che lo poneva su quel campo più a lungo di quanto egli stesso ricordava e, quindi, teoricamente frontalmente contrapposto a suo cugino Diviso. La sorte ha voluto tragicamente utilizzare questi due cugini per rappresentare quanto vere fossero le parole di Carlo Rosselli.

Sabato 18 Marzo 2023 alle 17.30 presso la sala comunale di Genga, paese natale dei due cugini, sarà proiettato il nostro film, seguirà un dibattito a cui parteciperanno le autorità comunali e i discendenti di Esino e Diviso.

Saranno presenti anche gli autori del film e sarà un’occasione per ricordare e riflettere su quanto le lotte di liberazione del fascismo siano state interconnesse tra tutti i popoli europei.

REVIEW

‘I primi saranno gli ultimi’: i testimoni impavidi della lotta per la libertà

Il viaggio tra il passato e il presente a cui I primi saranno gli ultimi ci conduce è un esercizio necessario e sorprendente di memoria collettiva.

Nel luglio del 1936 l’esercito spagnolo, guidato da Francisco Franco, supportato dalla chiesa cattolica, dalle forze reazionarie e dagli aiuti militari di Hitler e Mussolini, si ribella contro la Repubblica spagnola, dando vita a una guerra civile che durerà fino all’aprile del 1939.

La solidarietà internazionale fu straordinaria: quasi 50 mila antifascisti provenienti da tutto il mondo accorsero in Spagna in difesa della Repubblica.

Proiettato a Roma nello spazio visivo SCENA, il film documentario di Pasquale d’Aiello e Mauro Manna è il viaggio degli autori, compiuto tra il 2015 e il 2018, alla ricerca di tutti gli ultimi combattenti repubblicani volontari ancora in vita.

I primi saranno gli ultimi è necessario nella memoria, specie in un momento storico come il nostro nel quale i fantasmi degli autoritarismi premono per espandersi e cercare riconoscimento.  I primi saranno gli ultimi è sorprendente per i ritratti di umanità paradossalmente quasi extraterrestri nel carico di ideali, temerarietà, altruismo, senso di un valore: la libertà, che galleggia oggi in un ‘dato per scontato’ senza significato.

La scoperta dell’esistenza degli ultimi combattenti ancora in vita

Otto uomini. Di diversa estrazione sociale, di differente orientamento politico (un socialista italiano, un repubblicano francese, un comunista libertario canadese, un comunista spagnolo, tre comunisti francesi e un avventuroso democratico britannico). Tutti uniti da un unico obiettivo: combattere per la libertà, rischiando la propria vita.

Un gesto di solidarietà internazionale senza precedenti, che ha segnato per sempre la Storia.

Nelle interviste, nei racconti dei protagonisti ultranovantenni di I primi saranno gli ultimi veniamo proiettati nei principali avvenimenti della guerra civile spagnola, coadiuvata da fotografie, immagini di archivi storicianimazioni, paralleli con un presente tanto distante quanto legato a filo doppio, nel marcare un territorio, un momento, tra il prima e il dopo, tra ieri e l’adesso.

Una cartina mappa e delimita i momenti più significativi della resistenza, delle battaglie, dell’avanzata, della ritirata, della fine di una utopia messa in pratica, vissuta fino in fondo, che ha richiamato da tutto il mondo uomini disposti a sacrificare ogni cosa, lasciando certezze, sicurezza, affetti. Con una naturalezza, una determinazione, una facilità che spiazza, lascia esterrefatti.

Una sorprendente e vitale essenza umana

Ciò che rimane impresso a fine visione, è, con tutte le differenze delle storie in cui ci imbattiamo, uno spirito oggi quasi del tutto svanito. Uno spirito pronto a riconoscere ciò in cui credere, il senso da dare ad un esistere nel mettersi al servizio di un bene più grande: una fratellanza antitetica alla sterile, cinica, economica, globalizzazione.

Registrati per ricevere la nostra Newsletter con tutti gli aggiornamenti dall’industria del cinema e dell’audiovisivo.

I primi saranno gli ultimi

  • Anno: 2021
  • Durata: 97
  • Genere: Documentario
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Pasquale D’Aiello

Recensione sul nostro film da “Lumiere e i suoi fratelli”

I primi saranno gli ultimi – Italia 2021 – di Pasquale D’Aiello 

Documentario – 97′

Scritto da Sarah Panatta

Ultimi volontari della Guerra Civile Spagnola lasciano un testamento e una prova, che è memoria e insieme test per il mondo futuro che deve imparare dal passato, da chi ha tentato ciò che sapeva impossibile perché quel futuro non perdesse la possibilità della libertà. Film struggente, necessario, semplice come la verità che non possiamo permetterci di dimenticare. Come la lotta, per la vita, i diritti, la civiltà reale, la pace, che non dobbiamo smettere di animare.

Ne è valsa la pena? “… assolutamente sì, anche se abbiamo perso noi restiamo un esempio”. Ultimi senza gloria, luminosi seppur crepuscolari messaggeri di speranza, paladini del mondo che avrebbero disperatamente voluto. Per noi.

Un tessuto incandescente di vita vissuta, di esperienza marchiata da ferite, perdite, (mancati) ritorni.
Racconti che sono essi stessi lotta per la sopravvivenza, in una prima persona che esplode senza filtri e faticosamente, lentamente, in tutta la potenza di vecchi eroi della libertà, nelle loro parole stanche, arrancanti eppure inarrestabili, che meritano spazi e spettatori, ancora, sempre. Parole dense dei dettagli di un fronte di guerra che ancora vive nei loro occhi, nei loro e nei nostri cuori. Attraverso il documentario, necessario e meticoloso, sentito e appassionato diretto da Pasquale D’Aiello e scritto da Pasquale D’Aiello e Mauro Manna, I primi saranno gli ultimi.

Al centro e a tenere saldamente le fila dell’imponente ricostruzione di storia ricordata e storia ritrovata (tra documentazioni cartacee, materiali visivi di archivio e splendide tavole animate), le interviste di alcuni reduci, gli “ultimi” che fecero le sorti, consapevolmente avverse e “vinte”, della guerra civile spagnola. 

Soldati per scelta, questi rivoluzionari senza vergogna tentarono l’impresa impossibile e simbolica a cui presero parte uomini, “nomi” comuni, padri, figli, cugini, ma anche super star, quali Orwell o Hemingway. Personaggi allo stesso modo stra-ordinari, baluardo di una solidarietà internazionale che invase la Spagna tra il 1936 e il 1939. Alcuni per senso della patria (mancata), altri per desiderio di ribellione all’oppressione insensata e violenta, altri per un bisogno inestirpabile di giustizia si unirono in battaglioni, squadre, guerriglie. Quando il golpe militare del fascista Francisco Franco supportato da alti poteri reazionari tra chiesa cattolica e stati europei, trasformò il paese in un devastato e sanguinante teatro di guerra civile. Dove fratelli combattevano fratelli, chi obbligato, chi minacciato, chi per necessità, etica e identitaria. Otto uomini per una sola guerra e un unico messaggio. Di pace, per i figli dei figli. Comunisti, democratici, avventurieri, repubblicani, socialisti, sognatori, tra Francia, Spagna, Italia passando persino dal Messico. Andata senza certo ritorno come per ogni fronte, soprattutto se “interno”. La memoria preziosa e bruciante di una guerra dolorosa, logorante, che spezzò la schiena della democrazia ancora incerta nell’Europa del conflitto mondiale. Un conflitto che esacerbò la contraddizione imperdonabile dell’odio civile alimentato dalla politica mercenaria e della paura delle persone, appiattite nelle “masse”. 

Un lavoro monumentale che sa trasmettere la sua ansia di conoscenza e divulgazione, compiuto attraverso anni di viaggi, ricerche, con tutta la pazienza e il coraggio selvaggio dell’indipendenza. Un documentario forte delle sue asimmetrie estetiche, ricco di memoria da altissima tensione, dipanato in un montaggio geometrico e interlocutorio, pulsante dei suoi protagonisti, chi racconta e chi è raccontato, in contrappunto solidale e coinvolgente. Perché “Oggi non è che un giorno qualunque di tutti i giorni che verranno, ma ciò che farai in tutti i giorni che verranno dipende da quello che farai oggi. È stato così tante volte.” (Ernest Hemingway)

Voto: 8

Regista: Pasquale D’Aiello

Sceneggiatura: Pasquale D’Aiello e Mauro Manna

Fotografia: Pasquale D’Aiello

Montaggio: Stefano Malchiodi

Produzione: Pasquale D’Aiello e Mauro Manna con 

CSI – Consorzio Sperimentazione Immagine, AAMOD Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico

Musiche e Sound Design: Pasquale Mollo

Tavole: Mario Trigo ed Andrea Grosso Ciponte

Visual effects: Luca Spadafora

Genere: Documentario

Italia 2020 – Durata 97’

I Primi Saranno gli Ultimi in programmazione al cinema a Roma

25/28/30/31 gennaio e giovedì 2 febbraio ore 19

Per il nostro documentario che racconta le storie degli ultimi volontari repubblicani della guerra civile spagnola è arrivato quel momento tanto atteso in cui un film affronta il pubblico a viso aperto andando in sala. E noi lo facciamo con grande soddisfazione perché una storica sala di Roma, lo spazio SCENA, metterà in programmazione il nostro film i giorni 25/28/30/31 gennaio e 2 febbraio allo spettacolo delle ore 19. Lo spazio SCENA è oggi un luogo culturale che accoglie e rilancia le esperienze indipendenti e di qualità e che ha raccolto l’eredità di un luogo simbolo del il cinema romano ovvero il cineclub Filmstudio. Non potevamo chiedere di meglio anzi no c’è una cosa che ancora possiamo chiedere: venite in tanti a vedere il nostro film, vi garantiamo di trasmettervi delle storie uniche, vi faremo conoscere dei personaggi straordinari che vi racconteranno l’esperienza della guerra civile spagnola da protagonisti. E’ l’ultima volta che l’hanno raccontata, sono i loro ultimi ricordi ma, seppure tra le insidie dell’età, sono ancora vividi e fortissimi come se fossero appena ritornati dalla guerra. E’ importante che i loro ricordi non si perdano e con il nostro film abbiamo fatto del nostro meglio per fermare il tempo della memoria degli ultimi volontari repubblicani che partirono per la Spagna per difendere la Repubblica spagnola contro il golpe fascista di Franco, Hitler e Mussolini. Li sentiremo raccontare di Orwell, Ibarruri, Negrin, Picelli e Pacciardi, del POUM, delle Brigate Internazionali, degli scontri alla centrale telefonica di Barcellona tra anarchici e comunisti e tanti altri fatti storici di quella tragica vicenda ormai entrati nel mito.

Vi aspettiamo in sala.

Spazio SCENA, via degli Orti d’Alibert, 1 – Roma (Trastevere)

sito web di SCENA https://scenaweb.it/

Siamo al Festival del Cinema Ibero-Latino Americano di Trieste!

E’ con grande emozione (ed anche una certa soddisfazione) che riceviamo la notizia di essere stati selezionati nella sezione SALÓN ESPAÑA alla 37° edizione del Festival del Cinema Ibero-Latino Americano di Trieste nella sezione . Si tratta di uno dei maggiori eventi che rappresenta le cinematografie e le tematiche della Spagna e dell’America latina ed è quindi per noi un riconoscimento importante esserci

Il film sarà proiettato sabato 19 novembre alle 17.20 presso la Sala Grande del teatro Miela di Trieste e a seguire ci sarà un incontro con gli autori Mauro Manna e Pasquale D’Aiello.

Sarà un’occasione importante per raccontarvi delle storie che non siamo riusciti ad inserire nel film, delle vicende produttive che potrebbero tranquillamente fare da script per un nuovo film e per ricordare i nostri protagonisti ormai tutti scomparsi che vivono solo attraverso le testimonianze che hanno lasciato.

Ci vediamo a Trieste, sarà un piacere incontrarvi.

L’ultimo degli ultimi. Vincent ci ha lasciato

Il 23 agosto è morto, all’età di 105 anni, Vicent Almudever, fratello di Joseph Almudever. Vincent, come Joseph, era nato in Francia e ne aveva la cittadinanza. Quando nel 1936 scoppiò la guerra civile la famiglia Almudever, di origine spagnola, era già rientrata in Spagna ma entrambi i fratelli furono considerati cittadini non spagnoli e, quindi, non furono richiamati alle armi ma scelsero ugualmente di partire come volontari. Stando alle nostre ricerche, Vincent era l’ultimo volontario della guerra civile spagnola che aveva combattuto come volontario anche avendo cittadinanza straniera. Ma tutto questo ha davvero poca importanza, se non per spiegare perché andammo a cercare Vincent per il nostro film. Chi ha conosciuto Vincent sa che per lui fu una scelta del tutto naturale andare a combattere per quel paese che sentiva profondamente suo e perché questo gli imponeva la sua condizione di classe.

I figli degli operai

Ma “naturale” non vuol dire affatto semplice o connaturato alla sua indole. Vincent aveva un’inclinazione profondamente pacifica ed un carattere allegro e gioviale. Eppure non ebbe esitazioni. Nel 1936 si arruolò con la milizia della gioventù socialista ed in seguito fu inquadrato nell’esercito popolare. Vincent era consapevole di quanto caro abbia pagato la sua scelta, ci disse che era un bravo musicista ed anche un bravo calciatore ma dovette rinunciare ad i suoi sogni e dopo la guerra rifugiarsi in Francia e rincominciare da zero una nuova vita senza pretese.

La guerra civile

Combatté fino al gennaio del 1939 quando con la sua unità entrò in Francia. Ci disse che prima di passare la frontiera distrusse la sua auto contenente tutti i documenti della divisione affinché non entrassero in possesso dei francesi, ci raccontò dell’umiliazione di lasciare le armi e degli affronti dei soldati francesi, anche nel campo di concentramento in cui fu confinato.

L’arruolamento

Vincent non s’era risparmiato durante la guerra, aveva fatto la grande battaglia dell’Ebro, era diventato commissario politico, ben sapendo che per questi c’era la fucilazione immediata in caso si fosse stati catturati dai franchisti, ma non era tipo da intimorirsi o fare passi indietro. Ci raccontava dei tanti momenti di coraggio in cui aveva rischiato la vita, aveva un modo talmente affascinante di raccontare le azioni, in modo quasi cinematografico che per noi fu semplice trasformare in scene animate del nostro film. Anche se forse la scena più bella e significativa restava il racconto di quella notte di gennaio del 1938 in cui era di guardia sulla Sierra del Guadarrama, alle porte di Madrid e improvvisamente vide delle abbaglianti luci verde e rosse che ondeggiavano nel cielo e pensò: se queste sono le nuove armi di Franco allora per noi la guerra è perduta e, invece, era l’aurora boreale che quell’anno terribile arrivò sino alle più basse latitudini europee. Quando lo raccontava aveva ormai quasi cento anni ma ancora si leggeva sul suo volto la meraviglia di quello spettacolo e a noi quasi sembrava di leggere il riflesso di quelle luci nei suoi occhi.

L’ultima domanda che gli abbiamo fatto prima di lasciarci è stata: “ma ne è valsa la pena?” E lui fu categorico: “assolutamente sì, anche se abbiamo perso noi restiamo un esempio”. Ci sembrò una risposta bellissima ed era la risposta che avremmo voluto sentire. Ma forse, intimamente, era anche una domanda. Forse Vincent, arrivato quasi al termine della sua vita, ci chiedeva: è per voi un esempio quello che noi abbiamo fatto? Vincent, quando eravamo già in auto e stavamo andando via ci hai salutato con il pugno chiuso. Ti abbiamo visto, abbiamo capito, non dimentichiamo.

La presentazione “ufficiale”

La prima presentazione romana che abbiamo tenuto martedì 10 maggio alla Casa della Memoria e della Storia è stata un bel successo. Erano presenti tutte le associazioni che hanno prodotto insieme al CSI il nostro documentario: l’AICVAS con Italo Poma, l’AAMOD con Vincenzo Vita e Paola Scarnati e l’ANPPIA con Paolo de Zorzi, in una manifestazione organizzata dall’ANPI rappresentata da Fabrizio Desantis.

Ma soprattutto c’era un sacco di gente che ha riempito la sala. Siamo stati felici di vedervi e anche di poter ringraziare personalmente quanti ci hanno sostenuto in questo progetto, con il crowdfunding, con il lavoro, con la comunicazione. E’ stato bello, lo faremo ancora. A prestissimo!

Presentazione del film a Roma

Carissimi sostenitori del nostro film, siamo giunti ad un momento simbolico molto importante, presentiamo il nostro film a Roma, insieme a tutti quelli che ci hanno sostenuto nella produzione ovvero con l’AICVAS, l’AAMOD e l’ANPPIA in un’iniziativa organizzata dall’ANPI provinciale di Roma.

Lo faremo martedì 10 maggio alle 17 presso la Casa della Memoria e della Storia in via S. Francesco di Sales, 5 (Trastevere). L’iniziativa ha ricevuto il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura di Roma.

Interverranno:

Fabrizio De Sanctis – Segretario provinciale ANPI Roma

Vincenzo Vita – Presidente dell’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico

Italo Poma – Presidente dell’Associazione Italiana Combattenti Volontari Antifascisti di Spagna

Paolo de Zorzi – Presidente provinciale dell’Associazione Nazionale Perseguitati Politici Antifascisti Italiani

Mauro Manna e Pasquale D’Aiello – autori del film.

La proiezione inizierà alle 18.15

Altre informazioni sull’evento facebook:

https://www.facebook.com/events/671678137271437

Al Cinema!

Le navi sono destinate al mare, gli aerei al cielo e i film ai cinema. E finalmente arriviamo anche noi sul grande schermo, giovedì 5 maggio alle 18.30 il nostro film sarà proiettato a Mantova al Il Cinema del Carbone. L’iniziativa è organizzata insieme alla sezione ANPI di Mantova “Felice Tolazzi”.La proiezione sarà introdotta da Giovanni Cattini, professore di storia contemporanea presso l’università di Barcellona. L’iniziativa è ad ingresso libero, ci vediamo presto!

Il cinema del Carbone a Mantova

Valdarnocinema Film Festival – 39° Edizione

Il nostro film è stato selezionato dal Valdarnocinema Film Festival e dall’ANPI di San Giovanni Valdarno per svolgere la pre-apertura del festival mercoledì 6 ottobre 2021.

E’ stato un grande onore per noi svolgere questo ruolo e uno degli autori, Mauro Manna, ha con piacere accompagnato il film presentandolo e rispondendo ad alcune domande del pubblico.

Presentazione del film

Ma ancora più grande è stata la nostra felicità quando abbiamo appreso di avere vinto il premio speciale dell’ANPI che segnalava l’opera che più richiamava i valori e gli ideali di libertà e democrazia.

Siamo certi che i nostri uomini, narrati nel nostro film, avrebbero apprezzato questo riconoscimento. Noi dal nostro canto non possiamo che essere rincuorati nella riuscita del nostro racconto che mira a far conoscere e ricordare le motivazioni di chi scelse giocare tutto quel che aveva i nome degli ideali di giustizia sociale, libertà e democrazia. Ringraziamo gli organizzatori del festival e la sezione ANPI di San Giovanni Valdarno per l’occasione e il riconoscimento che ci hanno dato.

Premio Speciale ANPI

Ci vediamo prestissimo in giro per l’Italia e per il mondo su nuovi schermi per raccontarvi le storie di questi uomini eccezionali!

Il saluto de il Manifesto a Joseph

L’ULTIMA

Joseph Almudéver, l’ultimo volontario

RITRATTI. Addio al combattente che si arruolò nelle «Brigate Internazionali» durante la guerra civile spagnola. Comunista fino alla fine dei suoi giorni, muore all’età di 101 anni

Pasquale D’Aiello

EDIZIONE DEL30.05.2021

PUBBLICATO30.5.2021, 0:01

AGGIORNATO29.5.2021, 20:21

Impossibile sapere quale sia stato il suo ultimo pensiero prima di chiudere gli occhi per sempre ma è quasi certo che si sia detto: io sono stato nelle Brigate Internazionali. Il 23 maggio 2021 è morto Joseph Almudéver, l’ultimo uomo su questo pianeta a poterlo dire. Per lui era un grande orgoglio e forse la sua unica consolazione per quella maledetta guerra perduta. Quando il 18 luglio 1936 il generale Francisco Franco mette in atto il suo golpe contro la Repubblica spagnola innescando la guerra civile, Joseph è solo un ragazzo, non ha ancora compiuto 17 anni. Per arruolarsi nell’esercito repubblicano deve mentire sull’età e partecipare come volontario, essendo un cittadino francese per nascita e riesce a farlo persino prima di suo fratello Vincent di un paio d’anni più grande (ancora vivente). Dopo una pausa dovuta a un ferimento, Joseph rientra al fronte e sceglie di arruolarsi nella batteria «Carlo Rosselli» che aveva come commissario politico l’italiano Lino Marega, fu così che diviene un membro della 129-esima Brigata Internazionale.

TRA IL 1936 E IL 1939 sono stati all’incirca 50 mila le persone che provenendo da oltre cinquanta paesi si inquadrano come volontari in queste formazioni militari che costituiscono la prima e più forte ossatura dell’esercito repubblicano che per permise di fronteggiare per tre anni le predominanti forze franchiste, sostenute militarmente da Hitler e Mussolini. La storia delle Brigate Internazionali continua la tradizione romantica degli eroi che abbracciano le cause di popoli oppressi e si iscrive nel più ampio arco del garibaldinismo. Sebbene siano state organizzate dal Comintern e la maggior parte dei suoi componenti fosse di fede comunista, come lo fu Joseph fino alla fine dei suoi giorni, raccolsero adesioni da esponenti anche di altre culture politiche, dai socialisti ai repubblicani, fino anche ai liberali e agli avventurieri solitari. Il loro operato all’interno del fronte repubblicano non poté non risentire anche della difficile relazione con la cultura anarco-libertaria assai forte in Spagna e delle ossessioni staliniane ma la loro efficacia organizzativa e militare diede speranza alle forze repubblicane e fu il più alto grado di risposta alla minaccia fascista. Le loro gesta sono state descritte e rese leggendarie dai racconti di Hemingway, dalle foto di Robert Capa, Gerda Taro e Chim, dalle poesie di Auden, Cornford e Hikmet, dai film realizzati da Ivens, Bresson, Buñuel, Dos Passos e Orson Welles.

PARLARE CON JOSEPH della guerra di Spagna era un’esperienza immersiva totalizzante. Ricordava date e luoghi con precisione sorprendente. Parlava senza sosta, come chi è consapevole che non gli resta ancora molto tempo ma non vuole che i suoi ricordi vadano perduti. Mentre raccontava s’indignava ancora contro le democrazie occidentali che non aiutarono la Spagna, odiava ancora Franco, si commuoveva per i compagni morti, rivendicava le sue scelte di coraggio. Ma furono i suoi comportamenti alla fine delle guerra che ne facevano capire la stoffa umana.

È il gennaio del 1939, la guerra è ormai chiaramente perduta, chi può cerca rifugio in Francia. Joseph, dopo aver ricevuto a Barcellona il saluto del capo del governo repubblicano Juan Negrin, riesce a riparare in Francia il 20 gennaio. Dopo qualche giorno di permanenza a Marsiglia viene invaso da un profondo senso di disagio e con una folle decisione s’imbarca su una nave inglese che il 5 febbraio lo riporta in Spagna a Valencia, giusto in tempo per assistere allo sgretolarsi definitivo della Repubblica. Non prima di aver subito un ultimo affronto che lo segnerà per tutta la vita. È il 30 marzo 1939, è l’ultimo giorno della Repubblica. Lui e la sua famiglia sono al porto di Alicante per cercare di imbarcarsi e salvarsi, le truppe franchiste già circondano il porto, tra loro anche le milizie fasciste italiane che taglieggiano gli spagnoli disperati.

AD UN CERTO PUNTO Joseph capisce che non ce la faranno ad imbarcarsi e per evitare di essere riconosciuto come membro delle Brigate Internazionali decide di buttare in acqua il suo libretto da brigatista. Quando lo racconta a oltre ottant’anni dai fatti ha ancora le lacrime agli occhi. La storia di Joseph faceva capire che è alla fine della partita che si comprende il tipo di giocatore. Lui era un combattente totale, un uomo incapace di arrendersi perché non sa arrendersi, perché non è giusto arrendersi all’oppressione, lui era un vero «brigatista internazionale», l’ultimo. E quando tra molti, molti anni si parlerà ancora delle Brigate Internazionali, che si ricordi il suo nome. Joseph Almudéver. Lo ha meritato.
Le memorie di Joseph Almudéver sono state pubblicate in Italia nel 2017 da Edizioni Ets nella collana «Verba manent» (nella traduzione di Ángeles Aguado López), con il titolo La Repubblica tradita. Memoria di un miliziano e brigatista internazionale alla Guerra di Spagna.

*

SCHEDA. UN DOCUMENTARIO SULLA SUA BIOGRAFIA

Si intitola «I primi saranno gli ultimi» (2021) ed è il documentario scritto da Pasquale D’Aiello e Mauro Manna (con la regia di Pasquale D’Aiello) dedicato alla ricerca degli ultimi volontari repubblicani che hanno combattuto nella guerra civile spagnola.
Tra il 2015 e il 2018 gli autori del film ne hanno incontrati otto, tra cui spicca l’impresa politica ed esistenziale di José Almudéver.
Per maggiori informazioni si può visitare il blog dell’iniziativa

E’ morto Joseph Almudever. Le Brigate Internazionali non ci sono più

Quando andammo a trovarlo per intervistarlo restammo un intero giorno a casa sua. Parlava della guerra civile indicando luoghi, date, nomi con precisione sbalorditiva. Nel 2015 aveva già 96 anni ma sembrava dotato di un’energia incomparabile per la sua età. Era un fiume in piena, le sue parole fluivano senza sosta, avevamo la sensazione che ci aspettasse. Ci raccontò che, dopo lo scoppio della guerra, impiegò pochi giorni per decidere di partire per il fronte. Il 15 agosto del 1936 si fa fare un falso certificato di nascita che dimostrasse che aveva 19 anni invece che 17, pur di andare a combattere. Ricordava tanti eventi di guerra, compagni dilaniati dalle granate, pallottole che s’erano arrestate sul suo elmetto raccattato chissà dove, litigi con il suo stato maggiore. Sì, Joseph era stato un giovane coraggioso e irruento con un profondo senso morale che lo spingeva alle azioni più temerarie.

Ma la cosa di cui andava più fiero era la sua adesione alle Brigate Internazionali nel luglio del 1938. Stanco dell’attendismo dell’esercito regolare decise di arruolarsi nella batteria Carlo Rosselli della 129-esima Brigata Internazionale, composta in prevalenza da italiani e il cui commissario politico era Lino Marega. Man mano che procedeva nel racconto comprendevamo che tipo persona fosse Joseph ma fu quando arrivò a narrarci gli ultimi giorni di guerra che finalmente capimmo quale personaggio avevamo davanti. Siamo nel gennaio del 1939, la guerra è già chiaramente perduta ed è in corso La Retirada. Sterminate file di civili scappano dalla Catalogna verso la Francia, accompagnate dai resti dell’esercito repubblicano. Il 19 gennaio Joseph è a Barcellona, qui presso la caserma Carlo Marx incontra il capo del governo repubblicano Juan Negrin che era andato a salutare i soldati. Joseph ricorda ancora come Negrin gli fosse andato incontro porgendogli la mano, ricorda che scambiarono due parole sulla nebbia che quel giorno avvolgeva Barcellona. Il 20 gennaio Joseph riesce a riparare in Francia, arriva a Marsiglia ma qui viene assalito da un’enorme angoscia. Non riesce a darsi pace a pensare agli spagnoli restate nelle mani dei franchisti. Prende la folle decisione di ritornare indietro, cerca una nave e trova un’imbarcazione inglese che ancora svolgeva quella pericolosa tratta e il 5 febbraio riparte alla volta della Spagna, rientrando a Valencia. In cuor suo Joseph riteneva che il comitato di non intervento avrebbe trovato una soluzione per impedire che Franco si impadronisse del potere. Ma così non fu. Joseph fa domanda di ingresso alla scuola di aviazione di Valencia che lo convoca per il 1 aprile ma ormai è troppo tardi, il 29 marzo i fascisti hanno già preso Valencia. Il 30 marzo Joseph e la sua famiglia provano a lasciare la Spagna imbarcandosi da Alicante.

L’ultima nave a partire stracarica è la Stanbrook ma loro non riescono ad imbarcarsi. Le truppe fasciste stanno per entrare nel porto, l’avanguardia è composta dalle milizie fasciste italiane che inducono gli spagnoli restati a terra a vendergli i loro ultimi beni prima che arrivino i più feroci spagnoli che glieli avrebbero rubati. Si assiste a scene di assoluta disperazione. Vicino a lui un uomo si taglia la gola pur di non cadere nelle mani dei fascisti. Joseph comprende che sta per essere catturato. Decide di buttare in acqua il libretto della brigate internazionali per non essere riconosciuto come brigatista. Il dolore che ha provato il quel momento deve essere stato enorme, dopo ottant’anni da quell’evento ha gli occhi lucidi mentre ce lo racconta. Ci confessa che dopo averlo gettato in acqua non ha il coraggio di vederlo andare a fondo.

Addio all'ultimo brigatista internazionale

Viene catturato, messo in prigione dove assiste a continue fucilazioni. Dopo due anni esce di prigione ed entra nella guerriglia di resistenza, partecipa ad azioni di sabotaggio, viene scoperto ma prima che riescano a catturarlo fugge in Francia. Ecco, questo era Joseph, un indomito ribelle, un idealista, un comunista che sognava un mondo giusto. Un uomo che aveva perso la sua guerra ma che poteva dire di averla combattuta fino alla fine e oltre, con tutta l’anima, con tutto il coraggio e la determinazione di un brigatista internazionale. Joseph sperava che non si dimenticassero i suoi sacrifici, il suo dolore, la sua rabbia, la sua determinazione. Joseph, noi non ti dimenticheremo. Non dimenticheremo la storia dell’ultimo brigatista internazionale. Addio Joseph, grazie per tutto.

Addio Henri

Henri Diaz era l’ultimo uomo su questo pianeta che aveva lasciato il suo paese natale per andare a combattere per la Repubblica spagnola. I suoi genitori erano spagnoli ma lui era nato in Francia.

Quando è scoppiata la guerra civile lui e suo padre sono partiti insieme per andare a combattere per la democrazia spagnola. Il padre divenne guardiano presso l’aeroporto di Alcalà de Henares,.

Henri combatté nel mitico Quinto Reggimento, la prima unità organizzata dalla Repubblica che diede fiducia e speranza agli spagnoli e da cui si formarono le Brigate Internazionali di cui Henri fece parte. Henri ha combattuto alla Casa de Campo, avamposto della Repubblica alle porte di Madrid. Henri ha combattuto fino all’ultimo giorno della Repubblica e avrebbe combattuto ancora se glielo avessero permesso. Dopo la guerra civile spagnola Henri continuò a combattere il fascismo entrando a far parte della Resistenza francese, divenendone una guida.

Della guerra civile spagnola si parlerà ancora per tanto tempo, ne siamo certi. Quando, in un futuro lontano, qualche libro parlerà dei volontari che lasciarono i loro paesi per andare a difendere la democrazia di un altro popolo sarebbe bello che si citasse l’ultimo di loro che calcò il suolo del nostro mondo. Quel nome è Henri Diaz de Toro.

Noi l’abbiamo cercato, siamo andati a conoscerlo, abbiamo rischiato di non incontrarlo ma lui fece di tutto per guarire ed uscire dall’ospedale ed incontrarci e raccontarci la sua storia. L’abbiamo impressa nel nostro film ma la portiamo anche addosso, non sono storie che si dimenticano facilmente. Henri, grazie del tuo coraggio, della tua forza, della tua determinazione, del tuo sorriso. Grazie per tutto.

Perks in arrivo

Quando a maggio del 2016 abbiamo iniziato la campagna di crowdfunding per portare a termine questo film credevamo di essere a pochi mesi dalla sua conclusione. Nell’anno precedente avevamo registrato le interviste a Vincent e Joseph Almudever, Antoine Piñol e Aurelio Grossi. Dovevamo solo montarle e qualche mese di lavoro ci sembrava una previsione congrua. Ma proprio mentre la campagna di crowdfunding era ancora in corso ci arriva un messaggio su facebook da una ragazza di Mantova che ci racconta la storia di Esino e Diviso Marinelli. Per un po’ abbiamo titubato, se riaprire il film per intervistare un volontario dell’altra parte. Poi, proprio in quei giorni, parlando con lo storico Leonardo D’Alessandro che aveva in corso di pubblicazione sulla Guadalajara, veniamo a scoprire dell’esistenza di alcune lettere scambiate da Esino con sua madre. Ci è sembrato quasi un segno del destino. Quella storia voleva essere raccontata e in quel momento solo noi avremmo potuto farlo. Riapriamo il film e a luglio 2016 andiamo a Mantova per incontrare Diviso Marinelli. La storia che ci racconta è potente, forse non servirà riscrivere tutta la sceneggiatura, potrebbe essere l’epilogo delle altre storie.

Ma abbiamo qualche problema col montaggio e per un po’ siamo costretti a rimanere fermi, stiamo per ripartire quando a Novembre del 2017 ci arriva la notizia che Virgilio Fernandez del Real, combattente spagnolo nelle Brigate Internazionali, è di passaggio in Spagna. A suo tempo non avevamo potuto intervistarlo perché non eravamo in grado di andare in Messico ma il fatto che lui, ormai centenario, avesse deciso di rivedere un’ultima volta la sua Madrid ci è parso un altro “segno del destino” che non abbiamo saputo ignorare. La sceneggiatura è da riscrivere. Mentre siamo ancora a Madrid leggiamo che un giornale locale inglese ha pubblicato un’intervista ad un reduce inglese delle Brigate Internazionali, tal Geoffrey Servante Morrison, di lui si erano perse le tracce nel 2011 e nessuno lo credeva ancora vivo, nessuno sa dove viva e il giornalista che lo ha intervistato non ci passa il suo contatto. Sarà un vera intervista o una montatura fake?

Iniziamo le ricerche per capire se Geoffrey Servante Morrison sia ancora vivo e dove viva. La cosa è molto più complessa del previsto, neanche le associazioni dei reduci inglesi hanno sue notizie. Mentre siamo ancora alla ricerca di Geoffrey durante le vacanze di Natale del 2017 un account francese pubblica un tweet su un libro scritto da un eroe della resistenza francese che ha partecipato anche alla guerra di Spagna, si chiama Henri Diaz: ma sarà ancora vivo? Ma noi dobbiamo ancora trovare Geoffrey. Inizia una ricerca a tappeto, quasi un “porta a porta digitale” sulla rete, centinaia di messaggi inviati a cittadini inglesi che vivono nell’ultima città dove si sono perse le sue tracce. Ma alla fine ce la facciamo, Geoffrey è vivo e, dopo qualche esitazione, accetta di parlare con noi. Noi non esitiamo neanche un istante e partiamo in pieno inverno per raggiungere una sperduta casa di riposo per anziani posta tra le campagne della Foresta di Dean nel Gloucestershire. E’ il febbraio del 2018.

Ormai il film è tutto da riscrivere, tutte le scelte fatte precedentemente sono saltate ma noi non ci fermiamo, forse a qualcuno in quel periodo possiamo essere sembrati come i due Blues Brothers e per certi versi lo eravamo, sentivamo che c’era una missione da compiere e questa non era finita. C’era da trovare Henri. Non è stato troppo difficile, ci mettiamo in contatto con lui, è entusiasta di incontrarci. Stiamo per partire per la Francia quando veniamo a sapere che è stato ricoverato per una polmonite. Siamo colti dallo sconforto, temiamo di essere arrivati troppo tardi a lui, come già ci accadde con Ada Grossi, venuta a mancare pochi giorni prima della data fissata per la nostra intervista. Ma i biglietti sono già fatti, i giorni di ferie dal lavoro già presi, noi partiamo ugualmente per la Francia, nella speranza di un suo pronto recupero. Ed Henri non ci delude, dice ai medici che deve uscire per fare un’intervista e loro dicono che si, che in fondo va bene. E così la storia di Henri si aggiunge alle altre del nostro film. E’ aprile del 2018.

Sentiamo di avere svolto la nostra parte, che possiamo fermarci per riscrivere il film ma un piccolo tarlo continua a roderci. Quando avevamo iniziato le ricerche per il nostro film avevamo saputo dell’esistenza di un militante del POUM, il canadese William Krehm, che nel 2015 aveva già 102 anni. A quell’epoca non avevamo la pretesa di incontrarli tutti ma ormai le cose erano cambiate. Li avevamo incontrati tutti, tutti quelli ancora viventi al mondo, tranne lui. Ma forse eravamo arrivati troppo tardi a lui. Con timore proviamo a ricontattarlo, con nostra grande sorpresa e felicità William era ancora vivo e noi decidiamo di ascoltare anche la sua storia. E’ il maggio del 2018. La produzione del film è davvero finita.

Nel frattempo tutti gli accordi con i nostri montatori erano saltati. La sceneggiatura precedente era incompatibile con tutte le nuove storie. Il montato precedente inutilizzabile. Si ricomincia da zero. A gennaio del 2020 annunciamo il rilascio del film o inviato un link di visione a tutti i nostri sottoscrittori. Avevamo programmato di usare il 2020 come anno per proporre il film ai festival e organizzare proiezioni pubbliche ma non siamo stati granché fortunati. Quindi nella speranza che il 2021 ci porti maggiore fortuna abbiamo deciso di inviarvi i perks, i piccoli gadget che vi avevamo promesso durante la fase del crowdfunding. Anche in questa fase andremo, come di nostra consuetudine, un po’ a rilento, ove possibile ve li consegneremo a mano (per risparmiare sui costi di spedizione), ma, come sempre, ce la faremo. Grazie per la fiducia che ci avete accordato e per la pazienza con cui ci avete aspettato. Più che un film, avevamo un missione da compiere. E l’abbiamo fatto. Anche grazie a voi. Buona visione e a presto!

Il film è terminato!

Il viaggio è stato lungo e avventuroso ma alla fine siamo arrivati in porto. La prima volta che concepimmo l’idea di questo progetto erano le prime ore di martedì 19 maggio del 2015 (abbiamo consultato alcune mail che ci scambiammo subito dopo) ed eravamo in un bar verso l’ora di chiusura (può sembrare l’inizio di un racconto alla Hemingway ma questo non deve farlo sembrare meno vero). Alla fine di una serata passata a discutere dei soliti argomenti che legano due vecchi amici, spuntò fuori lei, la Spagna, la guerra civile, gli uomini che scelsero di andare a combattere per difendere la Repubblica. Era uno dei nostro topos che s’era formato negli anni, anche per colpa di Ken Loach e delle sere a discutere di rivoluzioni possibili e impossibili. Dapprima nacque l’idea di un viaggio per incontrare gli ultimi volontari, poi quella di filmare i nostri incontri. L’idea iniziale era quella di prendere degli appunti visivi per un racconto da condividere con i nostri amici quando saremmo tornati dal viaggio. Sempre che di volontari ce ne fosse ancora qualcuno vivo nel 2015. Era dal 2011 che non toccavamo quell’argomento e da quel momento non volemmo più informarci su chi fosse rimasto ancora vivo, per non partecipare della triste e inesorabile conta delle morti degli uomini che viaggiano sul secolo d’età. Eravamo quasi certi che il nostro viaggio sarebbe terminato ancora prima di iniziare per “incompatibilità biologiche” tra il 1936 e il 2015 e, invece, quei centenari che la vita se l’erano giocata tante volte dovevano ancora riservarci molte sorprese.

E’ stato un continuo di scoperte e di rincorse contro il tempo fino alla primavera del 2018 (in realtà anche fino a quella del 2019). Tre anni passati ad inseguire dei placidi centenari a cui avevamo alcune domande da porre che poi, in fondo, era una sola: “perché l’hai fatto?”

Mentre li rincorrevamo ai quattro angoli della Terra in cui s’erano andati a riposare, chi nella propria terra d’origine, chi nella terra d’esilio che l’aveva accolto, abbiamo dovuto risolvere anche qualche altro problemino, come trovare i soldi per fare questo film, imparare a girare, a prendere l’audio, a mettere le luci, formare una squadra che rendesse compatibili riprese di tutti i tipi (compresi i due cellulari degli autori), montasse, aggiungesse musiche, suoni (e togliesse quelli sbagliati), colori e animazioni a questo nostro racconto. Un lavoro che è stato possibile solo grazie all’aiuto dei tantissimi che ci hanno dato una mano, chi mettendoci del denaro, chi del tempo, chi le sue conoscenze, chi la sua arte. Un giorno, a chi vorrà, racconteremo anche i dettagli di quest’impresa. Per il  momento vi basti sapere che dal quella notte di maggio del 2015 fino ad oggi non è passato un solo giorno senza qualcuno di noi lavorasse, pensasse, si occupasse di questo film.

Il film è finito ed ora si apre il suo viaggio per farsi conoscere. Noi l’accompagneremo per quanto ci sarà possibile ma poi speriamo che sappia camminare anche sulle sue gambe. Abbiamo disegnato un percorso: abbiamo scelto di dare subito in visione riservata il film a tutti i sottoscrittori del crowdfunding sia perché formalmente ne sono i produttori e quindi ne hanno diritto sia perché lunga è stata l’attesa tra la data di conclusione promessa e quella reale (nei prossimi mesi invieremo ai sottoscrittori anche i perks promessi: dvd, locandine, etc); stiamo inviando il film a diversi festival, sia nazionali sia internazionali, e per il momento questa è la priorità; a partire dall’autunno (o giù di lì) potranno aver luogo le proiezioni pubbliche (alcuni hanno già acquisito questo diritto in fase di crowdfunding, gli altri potranno contattarci per organizzarle).

Grazie a chi ci accompagnato in questo viaggio che pensavamo fosse solo un film e, invece, era un pezzo di vita.

A presto

Pasquale, Mauro e tutto il CSI.

Virgilio, un giorno a Madrid

Era una bella giornata, credo che fossimo in novembre, mattina presto. Io e Pasquale ci trovavamo davanti all’albergo dove soggiornava Virgilio con sua moglie Estela. Avevamo trascinato fin lì due o tre borsoni pesanti, pieni di macchine, computer, cavalletti, luci. Era stata una partenza sul filo, come sempre, con tempi strettissimi e programmi pieni di punti interrogativi e zone d’ombra.

In quel momento, mentre aspettavamo Almudena Cros, l’amica dell’AABI, che doveva presentarci a Virgilio e aiutarci a fare l’intervista in spagnolo, ed era in ritardo, io guardavo la vetrata dell’hotel, che rifletteva la luce del giorno, e mi domandavo se fossimo davvero al posto giusto, se quello fosse davvero l’albergo di Virgilio. Le mail in spagnolo, in inglese, i messaggi, le poche ore di sonno, il volo, dovevamo avere capito male, Almudena chissà dov’era, Virgilio aveva poco tempo, poche ore, e noi le stavamo sprecando così. Era solo uno di quei momenti in cui semplicemente penso che non funzionerà, che dovevo stare più attento a quella cosa, oppure a quell’altra, che dovevo precisare meglio, richiamare un’altra volta, e che per questo qualcosa andrà storto.

Poi Almudena arrivò e in un attimo fummo dentro la sala dove Virgilio e Estela facevano colazione, ci presentammo, la sala era accogliente ma forse un po’ rumorosa, parlavamo in tanti e lui pareva disorientato, sorrideva ma sembrava non capire cosa ci facessimo lì. Aveva 98 anni, noi sapevamo già cosa significasse parlare con un centenario, quanto potesse essere difficile entrare nei meandri della memoria di un uomo, alla ricerca di fatti di ottanta anni prima. Ecco qua, lo vedi ero sicuro che qualcosa non avrebbe funzionato, non ne caveremo nulla, è sempre bello conoscere uno che ha combattuto per la libertà, un volontario delle Brigate Internazionali, certo, ma l’intervista è andata.

E invece Virgilio si sedette su una poltrona, un’ora dopo, in mezzo al set preparato a rotta di collo da Pasquale, e cominciò a parlare, a spiegare, a rispondere alle domande, improvvisamente a suo agio, con estrema chiarezza e precisione, come se fosse la cosa più normale del mondo, come se non facesse altro nella vita che parlare, e spiegare, e rispondere alle domande, e io ero seduto davanti a lui, e lo ascoltavo ed ero colpito dalle storie che raccontava, le storie di un ragazzo che, a diciassette anni, sapeva già da che parte stare.

Ero colpito dalla lucidità, dall’ironia, dall’umanità straordinaria di Virgilio, dalla sua motivazione politica, intatta, forte, una parte di lui. Ma c’era un’altra cosa che mi toccava nel profondo, e che in quel momento non fui in grado di riconoscere: Virgilio pescava dritto dai ricordi, scandagliava la memoria, non raccontava a noi una storia già raccontata decine di volte. Certo non siamo stati i primi ad ascoltare gli episodi eclatanti della sua partecipazione alla guerra di Spagna, questo è sicuro, ma i dettagli, le emozioni, venivano direttamente dal 1936.

Forse è per questo che ricordo l’intervista a Virgilio come un momento straordinario. Lui ora non c’è più, ma quel giorno di novembre di due anni fa c’è stato un passaggio di cristalli puri di memoria dalle mani sicure di un vecchio a quelle incerte di due uomini che, nel loro piccolo, tentano di alzarli sopra le teste di tutti perché altri li possano vedere.

Franco, che vada all’inferno!

Giovedì 24 ottobre 2019, a quasi 44 anni dalla sua morte, i resti del dittatore fascista Francisco Franco sono stati finalmente portati via dalla Valle dei Caduti verso un cimitero pubblico. La Valle dei Caduti è il grande cimitero monumentale che Franco fece costruire, anche sfruttando il lavoro coatto dei prigionieri repubblicani, per sancire la pacificazione forzata in cui volle equiparare aggrediti ed aggressori, fascisti e difensori della libertà.

Dopo molti sforzi finalmente la Spagna riesce a fare un altro significativo passo simbolico verso il definitivo superamento dell’eredità franchista.

Abbiamo voluto raccogliere la reazione a questa notizia di uno dei protagonisti del nostro film, Virgilio Fernandez del Real, ultimo combattente della XII Brigata Internazionale. Nel 1936 Virgilio era ancora minorenne ma non esitò ad inquadrarsi come volontario nelle file repubblicane. Oggi Virgilio ha più di 100 anni e si porta dietro tutti gli affanni dei suoi malanni ma il suo spirito è ancora indomito, come anche la sua rabbia verso chi gli rubò la gioventù, i sogni e le speranze. Seppure con fatica, non ha voluto farci mancare le sue parole che ci arrivano dal Messico, sua patria d’esilio dai tempi della sconfitta:

 

Diceva Bertolt Brecht

Voi che riuscirete a salvarvi

dai gorghi dove fummo travolti

pensate,

quando parlerete delle nostre debolezze,

ai tempi bui cui siete scampati.

Noi cambiammo più spesso paese che scarpe.

Andammo, disperati, in mezzo alle guerre

quando regnava solo ingiustizia.

Eppure lo sappiamo:

anche l’ira contro l’ingiustizia fa roca la voce,

anche l’odio contro la bassezza stravolge il viso.

Noi che volevamo apprestare il terreno alla gentilezza

non potemmo essere gentili,

ma voi, quando sarà venuta l’ora

che l’uomo sia un aiuto all’uomo,

pensate a noi con indulgenza.

img108
Virgilio Fernandez del Real durante la guerra civile

 

Per quanto riguarda noi,  pensiamo a Virgilio e agli uomini come lui non solo con grande indulgenza per la rabbia che si portano dentro ma soprattutto con infinita gratitudine per la  forza ed il coraggio che trovarono nel 1936 e che ancora dimostrano.

Buon viaggio, Diviso.

ad8de0b9-fac2-4753-b42f-0a9bf1540706

Un altro testimone delle storie della guerra di Spagna se n’è andato. Oggi è morto Diviso Marinelli, soldato del CTV, da noi intervistato per il nostro film.

Diviso era partito per la Spagna forse per sbaglio certamente anche per caso. E in Spagna fu dalla parte sbagliata della barricata. In quel lontano paese a lui sconosciuto ebbe la sventura di incontrare a Guadalajara sul versante opposto della barricata il suo amato cugino Esino che lì perse la vita. Ma la sua vita gli riservava ancora altre tristi vicissitudini, come la terribile battaglia di El Alamein. Dopo la guerra Diviso ebbe modo di riflettere su questi eventi e ci ha raccontato che una volta, nel 1948 a Mantova, si era trovato ad un comizio del comandante repubblicano El Campesino ed andò a salutarlo ed abbracciarlo, raccontandogli che anche lui era stato in Spagna sebbene come suo avversario. E a noi ci tenne a dire del suo ripudio della guerra.
Tanti dettagli dell’incontro inconsapevole tra Diviso ed Esino durante la battaglia di Guadalajara sono stati scoperti proprio da noi dopo che Serena Bettini ci aveva segnalato la sua storia. E capimmo quanto vicini i due cugini furono durante la battaglia.
A Diviso avevamo fatto vedere in anteprima il film e in particolare la parte che lo riguardava, che ha un peso importante nel nostro film.
A breve racconteremo anche a voi la sua triste ed incredibile storia.
A tutta la famiglia, gli amici e le persone che volevano bene a Diviso, vanno le nostre condoglianze. Ed il nostro ringraziamento per averci permesso di conoscere la sua storia.

Addio Diviso, fa’ buon viaggio. Io non credo in un dio ma se esiste spero che ti faccia incontrare di nuovo Esino. E questa volta che possiate essere dalla stessa parte, se ancora esisteranno parti opposte.

Qui il nostro post sulla storia di Diviso ed Esino.

L’ultimo Gudari

Era un venerdì d’estate e il giovane José era in una festa popolare, si divertiva con i suoi amici e ballava. Dal mare arrivava la brezza fresca del porto di Bilbao, guardava una ragazza e pensava che avrebbe dovuto invitarla a ballare. Mentre cercava il coraggio per farlo arrivano le guardie d’asalto e annunciano che l’esercito si è sollevato. José capisce subito che ormai è inutile invitarla, non avrà il tempo di poterla conoscere. E’ il 17 luglio 1936 e José ha solo 17 anni.  Il giorno dopo si presenta come volontario nella milizia del battaglione San Andrés, organizzato dal sindacato basco. Per lui è iniziata la guerra civile in difesa della Repubblica e della sua Euskadi.

José giovane
José Moreno da giovane

All’inizio lo impiegano nella costruzione delle trincee. Col passare del tempo i baschi capiscono che se vogliono mantenere le autonomie concesse dalla Repubblica dovranno difendersi con fermezza dall’aggressione dell’esercito franchista appoggiato da Hitler e Mussolini. Intorno alla città di Bilbao viene costruita una cintura chiama “La cintura di ferro” , costituita di fortini, nidi di mitragliatrici, depositi di munizioni, trincee e camminamenti.  Ma il suo progettista, l’ingegnere Alejandro Goicoechea, tradirà e passerà i progetti all’esercito golpista, indicando i punti deboli e i passaggi ancora non ultimati e che faciliteranno l’aggressione e la conquista della città di Bilbao.

 

Nel febbraio del 1937 José diventa fuciliere, giusto in tempo per partecipare alla battaglia di Durango. Si trova proprio nei dintorni di Durango il 31 Marzo del 1937 quando verso le 8 del mattino inizia un bombardamento contro la cittadina basca priva di istallazioni militari o di truppe. Ma chi esegue il bombardamento questo lo sa, il suo scopo non è attaccare l’esercito basco ma terrorizzare la popolazione. E’ il primo attacco terroristico nello storia militare contro una popolazione cittadina inerme. Ad eseguirlo sono gli italiani dell’aviazione legionaria mandata da Mussolini. I morti sono quasi 300, più di quelli di Guernica, massacrati 26 giorni dopo dalla legione Condor. José resta uno degli ultimi testimoni di questo crimine di guerra per cui l’Italia non ha mai risposto.

 

Nell’Agosto del 1937, quando il governo basco ritiene impossibili le speranze di resistere stipula una resa con l’esercito italiano che prevede per i soldati baschi (i gudaris) la possibilità di lasciare il paese e per chi resta di aver salva la vita. Ma gli italiani tradiscono i patti e accondiscendono alle pretese di Franco, abbandonando i prigionieri alle vendette e alla repressione dei golpisti.

Oggi José ha 100 anni e non ha ancora perso la sua voglia di lottare e di raccontare la sua storia.  La storia dell’ultimo volontario basco, la storia dell’ultimo Gudari.

José oggi con Mauro
José Moreno durante la nostra intervista (Maggio 2019)

La speranza guidava i suoi passi.

Due giorni dopo William Krehm ci lascia Geoffrey Servante. E’ una incredibile concomitanza, che ci rattrista, perché sono due amici che se ne vanno, e noi non eravamo preparati, e a nulla vale – credetemi – il discorso sull’età avanzata. Loro ci hanno incontrati una volta sola, ma noi li abbiamo ascoltati e visti decine e decine di volte lavorando al film, e abbiamo chiesto notizie ai loro figli, abbiamo pensato a loro, a quello che avevano fatto e a quello che saremmo stati capaci di raccontare.

Ho pensato a lungo a cosa li accomunava in vita. Erano anglosassoni entrambi, e avevano un senso dell’umorismo spiccato e per certi versi simile, probabilmente dovuto alla matrice culturale comune, sebbene William fosse canadese e Geoffrey inglese. Però la loro partecipazione alla guerra di Spagna non potrebbe avere radici più diverse. Di William e delle sue forti motivazioni politiche ha scritto approfonditamente Pasquale, a me piacerebbe dire qualcosa di un ragazzo forse incosciente, come diceva Geoffrey quando parlava del suo gesto, ma anche generoso. Un ragazzo che forse non sapeva cosa stava cercando, ma sicuramente l’ha saputo riconoscere quando se l’è trovato davanti.

C’è un libro scritto da uno storico francese, Rémi Skoutelski, che si intitola “L’espoir guidait leurs pas” (La speranza guidava i loro passi, ndr) e che prova a raccontare la storia dei volontari accorsi in difesa della Repubblica spagnola. Il saggio, uscito nel 1998, prova in particolare a rispondere alla domanda delle domande, per chi – come noi – si è appassionato alla storia della guerra di Spagna: perché quei ragazzi partirono volontari per difendere la Repubblica Spagnola? Quali erano le loro motivazioni? Sulla base di numerose interviste realizzate negli anni ’90, quando i reduci erano ancora numerosi, Skoutelski arriva alla conclusione (in sintesi) che non esiste una sola risposta ma migliaia, tante risposte quanti furono i volontari, perché ognuno aveva le sue motivazioni. Le risposte sono però legate da alcuni fili conduttori che permettono di raggrupparle e di individuare in qualche misura i profili dei volontari. Uno di questi, tra i tanti, era l’avventuriero, quello partito per spirito di avventura.

Prima di incontrare Geoffrey devo ammettere che né io né Pasquale credevamo che questi avventurieri della causa spagnola fossero davvero esistiti. Ci sembrava una cosa d’altri tempi, un mito buono per altre storie, ma non per la guerra di Spagna. Per noi era chiara la dimensione politica, l’antifascismo, il motto “oggi in Spagna domani in Italia”, l’anelito rivoluzionario.

Geoffrey Servante è partito dall’Inghilterra a diciotto anni per vincere una scommessa. Qualcuno sosteneva che le frontiere erano ormai chiuse, che non era più possibile raggiungere la Spagna e lui ha scommesso che invece ce l’avrebbe fatta, che sarebbe arrivato laggiù, e ci è riuscito. Quando abbiamo saputo dell’esistenza di Geoffrey, poco più di un anno fa, e abbiamo sentito questa storia per la prima volta, ricordo che eravamo increduli e ci siamo detti “ehi, questo sì che è un avventuriero!”

La cosa che però voglio dire oggi, per ricordare Geoffrey e il suo prezioso gesto, è che lui, una volta arrivato, è rimasto in Spagna e ha combattuto per la Repubblica. Non è tornato subito indietro a vantarsi della sua bravata e a riscuotere la posta della scommessa, che tra l’altro non riscuoterà mai: ironia della sorte, alla fine della guerra, tornerà nel pub di Londra a cercare il ragazzo con cui aveva scommesso, ma scoprirà che nel frattempo è morto. Geoffrey è rimasto in Spagna perché è voluto andare oltre, oltre la scommessa, oltre un viaggio avventuroso per mare che avrebbe saziato la sete di qualsiasi ragazzo, oltre una generica simpatia per la Repubblica, per andare incontro a una storia importante di solidarietà e difesa della libertà, fatta da ragazzi come lui.

Ora tornate su, all’inizio dell’articolo, e guardate questo ragazzo negli occhi. La speranza guidava anche i suoi passi.

L’ultimo rivoluzionario. L’addio a William Krehm

Se si vuole comprendere profondamente cosa sia stato il 900, il ruolo che le ideologie hanno svolto nella politica di quel secolo e nelle vite degli uomini e delle donne che lo attraversarono, bisognerebbe conoscere le biografie di uomini come William Krehm. Di formazione trotzkysta, militava nell’LRWP (League for Revolutionary Worker’s Party), nel 1936 era venuto in Europa per capire se e come si sarebbe potuta realizzare la rivoluzione che sognava. In quel frangente scoppiò la guerra civile spagnola e si recò in Spagna perché lì si riversarono le speranze e le illusioni di tutti i rivoluzionari.

William Krehm (early1940,s)
William Krehm (primi anni ’40)

Ebbe la tentazione di entrare nelle Brigate Internazionali su proposta del poeta irlandese Charles Donnelly, incontrato a Londra durante il Natale del 1936.  Ma preferì restare nelle file del POUM (Partido Obrero de Unificacion Marxista) che, benché scomunicato da Ttrotzky a causa della sua vicinanza al Fronte Popolare,  era la formazione che più si avvicinava alla sue idee. Svolse il ruolo di giornalista e attivista politico. Mantenne i rapporti tra il suo partito e POUM, cercando di portare il partito spagnolo verso una linea autenticamente rivoluzionaria. Durante questa attività incontrò anche lo scrittore George Orwell che combatteva sul fronte aragonese  nelle milizie del POUM. A proposito delle sue chiacchierate con Orwell ci aveva raccontato un divertente aneddoto che abbiamo rappresentato nel nostro film con un’animazione che li vede ritratti sulle Ramblas di Barcellona nella primavera del 1937.

George Orwell e William Krehm
George Orwell e William Krehm a Barcellona nel 1937 (frame da “I Primi Saranno Gli Ultimi”).

A Maggio del 1937 resta pesantemente coinvolto nelle conseguenze degli scontri tra le truppe regolari dell’esercito repubblicano, indirizzate dalla politica comunista, e i miliziani anarchici e poumisti. Riuscito a salvarsi dall’esperienza spagnola, emigrò in Messico, restando accanto a Trotzky, al cui funerale svolse il ruolo di una delle guardie d’onore.

Presi dalle mille fatiche ed incertezze del nostro lavoro di produzione di questo film e avendo conosciuto più in ritardo rispetto ad altri della sua esistenza, non siamo stati in grado di realizzare subito l’intervista con lui ma quando ormai il film volgeva verso la conclusione abbiamo comunque deciso di intervistarlo senza sapere se avremmo potuto inserire la sua storia nella nostra trama. E benché tanti ricordi di quell’esperienza stessero svanendo nella mente di William, quando poi siamo andati a tradurre e trascrivere quello che ci aveva detto ci siamo resi conto conto che la sua esperienza era unica e rara. Le sue parole ci fornivano la visione del versante libertario del fronte antifascista che avevamo solo sfiorato nei ricordi di Aurelio Grossi.

William Krehm (2018)
Backstage dell’intervista a William Krehm per I Primi Saranno Gli Ultimi

Al termine della sua intervista William ci aveva lasciati con un saluto che oggi ci sembra un ideale testamento storico per gli uomini e le donne che svilupperanno i loro destini fuori dal 900 ma del quale sono figli e ancora profondamente intrecciati con fili la cui trama non è ancora stata risolta.

Ora che William ci ha lasciato siamo ancora più consapevoli dell’importanza del nostro lavoro. A noi resta senz’altro la ricchezza di aver conosciuto la sua storia e presto proveremo a restituirvela nel miglior modo di cui siamo stati capaci.

 

Storie degli Ultimi

Ci siamo, il conto alla rovescia è iniziato, il film è quasi pronto, ormai è questione di settimane, di giorni. Siamo felici, emozionati, quasi increduli, dopo quattro anni di viaggio. La storia di questi otto ragazzi, arrivati ai cent’anni nonostante la guerra, fatta quando non ne avevano ancora venti, per difendere la Repubblica spagnola, sta per uscire allo scoperto. Oggi i ragazzi sono rimasti in sei, dopo la scomparsa di Antoine e di Aurelio, l’ultimo italiano.

Ma quante storie ci siamo persi per strada per condensare oltre venti ore di interviste in un’ora e mezza di film? Questa domanda ci ha accompagnato sempre durante questi quattro anni. Era dietro a ogni scelta, ogni taglio. Quale storia merita di più, quando ne hai molte, troppe, per farle entrare tutte in un film? E’ stato difficile scegliere, alcune volte anche doloroso. Ci siamo lasciati dietro storie alle quali non avremmo voluto rinunciare: episodi, battute, ricordi, pezzi di vita.

Per questo le abbiamo tenute lì, da una parte, sapendo che prima o poi avrebbero trovato spazio e tempo anche loro. Ora che il film è davvero in arrivo le abbiamo recuperate, le abbiamo chiamate Storie degli Ultimi e abbiamo pensato di rivederle, in pillole di pochi secondi, insieme a tutti quelli che ci hanno seguito e sostenuto in questi anni. Dai prossimi giorni e nelle prossime settimane saranno pubblicate sugli account social del film e del CSI, in una sorta di conto alla rovescia che ci accompagnerà fino all’uscita del film. Buona visione!

 

Storie degli Ultimi: guarda tutte le clip

CLIP 1 > I figli delle operaie e degli operai / Vincent

CLIP 2 > Ero un Repubblicano / Antoine

CLIP 3 > Arruolamento / Vincent

CLIP 4 > Vivo per miracolo / Joseph

CLIP 5 > Un mese in fanteria / Virgilio

CLIP 6 > La bravata di un ragazzo di 18 anni / Geoffrey

CLIP 7 > La Repubblica colpita al cuore / William

CLIP 8 > Il popolo di Madrid / Henri

William. La fine del viaggio.

vlcsnap-2018-05-01-14h40m56s418
William Krehm

Quando abbiamo iniziato il nostro viaggio mai avremmo pensato che un giorno ci saremo trovati nella condizione di chi può dire di aver intervistato tutti i reduci repubblicani volontari della guerra civile spagnola ancora viventi. E invece è accaduto. Un po’ di fortuna, tanta determinazione e un tocco di inventiva ci ha portato a questo punto. Ieri abbiamo intervistato  con l’ausilio di un filmmaker canadese e di Skype: William Krehm, l’ultimo militante volontario del POUM.  Oggi William ha quasi 105 anni, ne aveva 23 quando nell’ottobre del 1936 per la prima volta mise piede in Spagna alla ricerca della rivoluzione. William ha lavorato a stretto contatto con il POUM e tra le sue fila ha conosciuto a Barcellona anche George Orwell, di cui ci ha raccontato un piccolo e divertente aneddoto. Ha conosciuto anche lo scrittore irlandese Charles Donelly con cui ha trascorso a Londra il Natale del 1936 e per poco non lo convinse ad entrare con lui nelle Brigate Internazionali. William restò fedele al POUM mentre Charles è morto pochi mesi dopo nella battaglia dello Jarama.

Il destino di William gli salvato la vita ma aveva in serbo per lui l’affronto del carcere. Come tanti altri militanti del POUM fu accusato di essere una spia, incarcerato e poi espulso dalla Spagna.

Questa terribile esperienza non ha distrutto il morale di William che è restato un combattente per tutta la vita e lo ha portato ad essere vicino a Trotsky quando questi è morto in Messico.

Oggi gran parte dei ricordi di William sono svaniti ma quelle poche parole che ci ha potuto rivolgere sono l’ultima tangibile testimonianza di un pezzo della storia della guerra civile spagnola che vi racconteremo attraverso di lui.

William è l’ultimo reduce ancora in vita di cui si abbiano tracce pertanto riteniamo concluso il nostro viaggio.

E’ stato un viaggio lungo, iniziato tre anni fa. Se guardo indietro vedo quanta strada abbiamo fatto, quante persone abbiamo conosciuto, quante cose abbiamo imparato e  mi rendo conto di che impresa sia stata. Certamente al di sopra delle forze che avevamo quella notte di fine primavera di tre anni fa in cui decidemmo di imbarcarci in quest’impresa. E se così non fosse stato non meriterebbe certo il nome di impresa.

Adesso non ci resta che scrivere, riflettere, montare per costruire il nostro film. Un film non si scrive con la penna, per cui la fatica non è terminata. Ma ormai non ci spaventa. Siamo abituati, andiamo avanti e siamo sempre più ansiosi di raccontarvi questa storia.

L’internazionalismo della Guernica

Il 6 marzo 2018 a Le Rove (Marsiglia) è stata effettuata l’estrazione del biglietto vincente che ha assegnato il quadro rappresentante una rivisitazione delle Guernica, realizzato dal pittore francese Thierry Chauvelot.

quadro con urna.jpg

 

Siamo riusciti a vendere tutti e 500 i biglietti, una vendita diffusa su 7 paesi europei, con acquirenti provenienti da tutte la parti del mondo. E’ stata una lunga corsa,  durata più di 10 mesi, organizzata per metà in Francia e per metà in Italia.

Ha vinto un’amica italiana che ha supportato il nostro progetto sin dalla prima campagna di crowdfunding e ha certamente ben meritato il premio che la sorte ha voluto assegnarle, facendo estrarre il suo numero: il 236!

biglietto vincente.jpgdedica thierry.jpg

In queste ore il quadro sta viaggiando viaggiando alla volta dell’Italia per arrivare a casa della fortunata vincitrice!

quandro imbustato.jpg

Ringraziamo tutti quelli che hanno acquistato i biglietti, tutti quelli che ci hanno aiutato a venderli, Thierry che realizzato e donato questa bellissima opera, Andreas che ha coordinato le operazioni in Francia, Almudena dell’AABI che ha pubblicizzato questa iniziativa in Spagna, in Gran Bretagna ed in Irlanda.

 

 

 

 

Qui tutta la gioia e la comprensibile soddisfazione delle vincitrice nel momento in cui scopre il bellissimo quadro che ha vinto!

20180402_185310.jpg

Noi siamo già all’opera per le prossime sfide, per superare le prossime difficoltà, grazie di aver scelto di stare con noi, dalla nostra stessa parte, per portare a termine questo progetto che a noi sembra importante e, a questo punto, siamo certi che lo pensate anche voi.

 

Geoffrey

Geoffrey Servante Morrison
Geoffrey Servante Morrison

Quasi certamente ognuno di voi avrà un’idea piuttosto precisa su come potesse essere un volontario che a metà degli anni ’30 lasciasse casa, amici, amori, lavoro e andasse a combattere per la repubblica spagnola contro i fascisti e nazisti. Avrete visto qualche film (a cominciare da quello più famoso, Terra e libertà), probabilmente avrete letto qualche libro: Omaggio alla Catalogna di Orwell o Per chi suona la campana di Hemingway e forse visto le foto di Robert Capa e Gerda Taro. E quando vedrete il nostro film ritroverete molte delle vostre idee incarnate negli ultimi protagonisti che abbiamo intervistato. Ma dovete sapere che la guerra di Spagna fu anche molto altro. E se avete letto alcuni di racconti di Hemingway forse già lo sospettate. Lui con Martha Gellhorn all’hotel Florida sotto le bombe, sempre lui a discutere di cocktail con il barman Perico Chicote con il fronte che scorreva al termine della strada. Ma forse ricordate anche un breve passaggio di Casablanca quando Victor Laszlo, il nuovo compagno di Ilsa, ricorda a Rick Blaine (Humphrey Bogart) di aver aiutato la Spagna repubblicana prima di rifugiarsi nel suo esilio dorato in Marocco. Ebbene si, intorno alla Spagna repubblicana c’era anche un alone di avventura e di idealismo che seduceva uomini e donne in cerca di una causa a cui dedicare la vita o almeno una storia da raccontare al proprio ritorno. Di loro si parla solo nei romanzi e nei film perché forse a loro ritorno dalla guerra non sono stati bravi a scrivere le proprie memorie, troppo presi a rincorrere i propri guai e a vivere la loro vita, nessuno li ha cercati e sono presto stati dimenticati.

Ma questi (anti-)eroi non sono tutti morti, Geoffrey è uno di loro (e lui lo sa) e per noi è stato un grande piacere ascoltare la sua storia e saremo felici di raccontarvela nel nostro film. Non possiamo dirvi troppo, vi anticipiamo solo un dettaglio, tutto ebbe inizio una notte di primavera del 1937 in un pub di Soho quando Geoffrey aveva appena compiuto 18 anni… e l’abbiamo scoperta nelle campagne inglesi del Gloucesteshire in una una fredda giornata d’inverno di appena ottantun anni dopo…

20180211_083745

Virgilio

Quando abbiamo iniziato questo folle viaggio alla ricerca degli ultimi combattenti volontari repubblicani avevamo letto il nome di Virgilio Fernandez del Real sulla pagina di Wikipedia (per il resto piuttosto incompleta ed imprecisa). Affianco al suo nome c’era il paese di residenza: Messico.  Troppo lontano. Questioni di soldi, di famiglia, di lavoro ci impedivano di andarci. E questo ci sembrava un addio definitivo. Mai avremmo pensato che là dove fallivano dei baldi (si fa per dire) giovani (rispetto ai reduci della guerra di Spagna) avrebbe sopperito il caso (benevolo) e l’intraprendenza di un vero baldo giovane di oltre 98 anni! E, invece, così è andata. Sul finire dello scorso anno Virgilio è tornato per pochi giorni nella sua terra natale e noi, quasi per caso, lo abbiamo saputo. Senza riflettere, senza sapere se e come questo avesse un vero senso, ci siamo precipitati a Madrid ad incontrarlo. In quella città che lui, neppure 18enne, decise senza di esitazione di difendere come volontario. Gli abbiamo fatto quante più domande potevamo, con l’ansia di chi voglia recuperare il rischio di un’occasione persa, con l’avidità di chi non vuole lasciarsi scappare un’occasione forse unica. Quella di di ascoltare dalla sua voce le motivazioni delle sue scelte. Per noi è stato un grande dono. La sua storia ci sarà nel nostro film e sarà importante. Vogliamo regalarvi un piccolo anticipo della sua testimonianza.

Le sorprese del 2017 non erano finite

Stavamo già correndo con la mente al bilancio dell’anno che terminava quando una nuova e sorprendente notizia ci ha raggiunto: in Francia c’è un altro ex brigatista internazionale ancora vivo! Si chiama Henri Diaz e ha 100 anni! Non siamo ancora entrati in contatto con lui ma abbiamo già appreso alcune notizie sul suo conto. Appena scoppiata la guerra civile Henri è giunto in Spagna e combattuto dapprima con il mitico 5° Reggimento del comandante Carlos, poi con la 36° Brigata Mista della 4° Divisione e infine nella XIV Brigata Internazionale. Ha combattuto in Spagna fino alla fine della guerra, lasciando il paese solo il 17 marzo del 1939. Henri ha continuato la sua lotta contro il fascismo partecipando anche alla resistenza francese.

Inutile dirvi che non vediamo l’ora di poter ascoltare la sua storia direttamente dalla sua voce. Sappiamo che le condizioni fisiche di Henri Diaz non sono perfette ma la sua memoria è ancora eccellente, tant’è che nel marzo di quest’anno ha pubblicato un libro di memorie intitolato: I sentieri della libertà.

Vi terremo aggiornati.

Thank you, mr. Loach

Ricordo ancora quella sera, verso la metà degli anni ’90, in cui in un’iniziativa dell’università vidi il film di Ken Loach Terra e Libertà. Era la prima volta che entravo in contatto con la storia della guerra civile spagnola. Quel film fece su di me un’impressione grandissima e la prima cosa che mi chiesi fu come fosse stato possibile che una vicenda così forte mi fosse restata oscura fino ad allora. Una storia in cui vedevo tutti gli elementi che vale la pena di vivere e raccontare. Implicitamente la considerai una storia bellissima ma lontanissima, del tutto conclusa, senza più testimoni con cui parlare. In quella sera nemmeno per un momento mi sfiorò il pensiero che un giorno avrei incontrato gli ultimi protagonisti di quella storia e che un giorno avrei incontrato gli ultimi protagonisti di quella storia e che Ken Loach avrebbe parlato di questo strano viaggio che stiamo facendo. Ma le storie sulla guerra di Spagna sono del tutto imprevedibili e anche per questo terribilmente affascinanti.

LAST DAYS TO SUPPORT “I Primi Saranno Gli Ultimi” by the Guernica lottery

Don’t loose the opportunity to support our film and to win the wonderful paint that Galerie Thierry Chauvelot made on purpose to support our film project “I Primi Saranno Gli Ultimi“.
You can buy tickets (2 euros/each) by Paypal https://www.paypal.me/lotteriaguernica
or in other way (bank transfer is avaible) or by the hands of the CSI – Consorzio Sperimentazione Immagine members (if you live in Rome). The paint is realized with acrylic on wood and it measures 110×50 cm. The paint is in France near Marseilles. The win doesn’t includes the shipping but we’ll do our best to bring it close to you! The  lottery spin is scheduled for December 2017.

IF you are too far from France or Italy (and the shipping cost of the paint could be too expensive) you can choose to directly support the project.

For any information you can visit:

https://iprimisarannogliultimi.wordpress.com/ (official film blog)

https://csi-project.org/ (official site of the association that produces this film)

http://www.imdb.com/title/tt4871552/ (film in IMDb)

or mail us to: csi@csi-project.org

Thanks!

 

A che punto siamo

Ci sembra utile fare il punto sul nostro progetto. Serve anche a noi per pianificare le nostre attività. Nel mese di agosto avevamo realizzato un montato grezzo di circa un’ora rispetto ad un montaggio finale atteso di 90′. Nella ripresa autunnale abbiamo avuto uno stop dovuto alla temporanea dislocazione della nostra montatrice su altro progetto.  Per far fronte a questa pausa abbiamo chiesto una mano ad un collettivo di produzione audio/video: I Sanza Meta alias Alessandro e Valerio (ovviamente non siamo scaramantici e supponiamo che un obiettivo lo raggiungeranno). Nel frattempo il nostro disegnatore spagnolo Mario Trigo ha realizzato circa il 50% delle tavole già tutte trasformate in animazioni dal nostro visual effects specialist Luca Spadafora.

Tavola I 1
La bozza di una tavola di Mario Trigo

E’ all’opera anche il nostro sound-designer Pasquale Mollo che sta realizzando la colonna sonora del film.

Questo era il quadro fino a poche settimane fa, quando all’improvviso ci è giunta la notizia che Virgilio Fernandez del Real, l’ultimo brigadista della XIII brigata ed ultimo brigadista in assoluto, insieme a Joseph Almudever, sarebbe venuto in Spagna per sistemare alcune sue questioni private nel suo paese di origine. Senza sapere come questo avrebbe cambiato il nostro lavoro, siamo partiti per la Spagna con pochissimi giorni di preavviso, certi solo del fatto che non avremmo potuto mancare un’occasione come questa. Il bilancio a caldo di questa nostro viaggio in Spagna è per noi impressionante: Virgilio è una persona lucidissima che ci ha regalato la sua limpida testimonianza di combattente che spesso si è trovato a fianco agli italiani, come nella battaglia di Guadalajara.

20171111_125637
Virgilio Fernandez del Real riceve l’omaggio dei giovani del PCE

Stiamo ancora indagando sui movimenti dei nostri protagonisti durante questa battaglia ma sembra che le sorprese che ci attendono non sono finite. Per il momento possiamo solo anticiparvi che sappiamo per certo che a Guadalajara erano presenti in un fazzoletto di terra sia Antoine Pinol (nella prima compagnia dei garibaldini: gli arditi) sia Esino Marinelli (seconda compagnia dei garibaldini, la stessa di Giovanni Pesce) sia Diviso Marinelli (nella divisione Fiamme Nere del CTV fascista) sia Virgilio Fernandez del Real (nel servizio medico del battaglione Dombrowski).

Come vedete un quadro piuttosto fluido sebbene molto stimolante. Eppure questa storia

Servantes
Geoffrey Servante Morrison

forse ci riserva ancora un altro colpo di scena. Pochi giorni fa un giornale inglese, il The Forester, pubblica una notizia sensazionale e del tutto inaspettata: in Gran Bretagna sarebbe ancora vivo un brigatista della XV brigata, Geoffrey Servante Morrison e ne pubblica un’intervista che ricapitola brevemente la sua incredibile storia e i suo commenti sull’indipendenza della Catalogna.

In questi giorni siamo in contatto con persone che conoscono o possono conoscere Geoffrey per sapere se potremo intervistarlo. Se il nostro fosse un film normale non rimetteremmo in discussione il nostro montaggio per una nuova intervista ma il nostro film è tutto fuor che una cosa normale, se Geoffrey vorrà non sapremo lasciar cadere questa chance che il caso ci darà di ascoltare la storia per potervela raccontare.

Fuori dalla nostra portata resta solo William Krehm, un volontario canadese che

LastManStanding
William Krehm

raggiunse la Spagna per sostenere la politica del POUM, che risiede in Canada ed è davvero troppo lontano per le nostre risorse.

Da tutto questo ne derivano alcune cose: noi stiamo continuando a lavorare a tutto spiano, la storia si arricchisce in modo sorprendente, i tempi di realizzazione si allungano un po’ e le risorse economiche aggiuntive sono benvenute per rendere possibile la miglior riuscita del film.

Se avete già contribuito vi chiediamo di avere ancora pazienza, se non lo avete ancora fatto o volete farlo ancora avete una bella opportunità: partecipate alla lotteria Guernica che mette in palio una bellissima rivisitazione della Guernica di Picasso,

guernica Chauvelot
Riproduzione colorata della “Guernica di Picasso” di Thierry Chauvelot cm 111×50

realizzata appositamente per noi dal pittore francese Thierry Chauvelot, affrettatevi a farlo: l’estrazione è prevista nel mese di dicembre. Questo nostro film è un progetto che forse un giorno vi renderà felici di avervi partecipato, nel dubbio vi consigliamo di sostenerlo. Noi possiamo garantirvi che stiamo facendo del nostro meglio per renderlo bello ed interessante.

Restate con noi e andiamo avanti insieme.

 

Con un poco de ayuda

Ebbene si, ce l’abbiamo fatta, siamo riusciti ad incontrare ed intervistare Virgilio Fernandez del Real, l’ultimo brigadista della brigata polacca Dombrowski. Non ci speravamo più ma il caso e la forza di quest’uomo eccezionale che a 98 ha attraversato di nuovo l’Atlantico per tornare nella sua Spagna l’ha reso possibile. Per noi è stata una grande emozione, non solo per il simbolo che rappresenta Virgilio ma anche per le splendide e sorprendenti parole che in modo lucidissimo ci ha regalato. Noi ci predisponiamo a rivedere la sceneggiatura del nostro film ma dobbiamo ancora una volta richiedere il vostro aiuto per tradurre la sua intervista dallo spagnolo all’italiano.  Ci sono dei volontari disposti a tradurre brani dell’intervista? Con il vostro aiuto cercheremo di velocizzare il più possibile il nostro lavoro… e avrete il possibilità di ascoltare in anteprima ed in integrale la sua testimonianza sulla sui suoi ricordi della guerra civile. E in cambio finirete nei titoli di coda del film!

ancora grazie

Appuntamento con la storia

En esta foto estoy con tres personajes Polacos que luego de la guerra fueron funcionarios o periodistas en Polonia y yo estoy con ellos. Es una foto de diciembre de 1936
Virgilio Fernandez del Real  (in piedi a destra) – Dicembre 1936

Si, lo ammetto, a volte preferirei fare un film “normale”, con un ordine, un piano di lavoro chiaro, in tempi prevedibili. Ma forse sarebbe stato un’altra cosa, molto diversa da quella che stiamo facendo. Il nostro progetto ha ben poco di pianificato. Se la parola non fosse troppo usata, direi che è piuttosto un’urgenza. Se dovessi dirlo in altre parole, direi che è come seguire una concatenazione di eventi che in qualche modo senti che ti riguardano, un filo di ricordi che non vuoi che si perdano, una voce di qualcosa che dovrebbe essere svanita ed, invece, ti appare viva, chiara, ancora potente. Quand’ecco, qualche giorno fa questa voce, questa sorta di “spirito della guerra di Spagna” si è manifestata in poche righe di un post di una compagna spagnola che dicevano: We just heard that THE LAST living Mexican brigader, Virgilio Fernandez del Real, will be in Madrid in the next few days. I cannot quite believe this is happening. He is 98 years old and flying from Mexico! 

Virgilio Fernandez del Real è l’ultimo combattente delle Brigate Internazionali ancora in vita insieme a Joseph Almudever. Quando abbiamo pianificato le nostre riprese avevamo dovuto rinunciare ad incontrarlo in quanto viveva in Messico e per noi non era fattibile  girare in Messico. Ma oggi, a 98 anni, Virgilio è voluto tornare ancora una volta nel suo paese, la Spagna. Questa è diventata un’occasione che non potevamo lasciarci sfuggire. Tra qualche giorno lo raggiungeremo a Madrid per farci raccontare i suoi ricordi della guerra di Spagna. Quando la guerra iniziò Virgilio aveva 17 anni e stava ancora studiando. Si incorporò come volontario nel servizio di sanità e combatté tutta la guerra fino alla fine nelle fila del battaglione Dombrowski, nella XIII brigata internazionale, combattendo a Madrid, Guadalajara, Belchite fino all’Ebro, fino alla sconfitta della Repubblica e all’esilio in Messico.

Non sappiamo ancora come questo nostro viaggio cambierà il nostro film ma sappiamo che dobbiamo ascoltare i suoi ricordi della guerra di Spagna. Perché è una storia che ci riguarda, ci appartiene.

 

 

Fino al cuore della rivolta. Festival della Resistenza

festival resistenza

Sabato 29 luglio 2017 – Fosdinovo (MS)

Ore 17.00 
Dibattito/3

Internazionalismo: nascita, morte e rinascita (eterna) di un’idea meravigliosa

con Italo Poma (AICVAS – Associazione Italiana Combattenti Volontari Antifascisti di Spagna) e Angelo d’Orsi (Università di Torino). Intervento di José Almudéver Mateu (brigatista internazionale alla Guerra di Spagna). Pasquale D’Aiello (regista – CSI Consorzio Sperimentazione Immagine) presenta il progetto documentario “I primi saranno gli ultimi”

Una coproduzione internazionale

guernica Chauvelot
Riproduzione colorata, acrilico su legno, della “Guernica di Picasso” di Thierry Chauvelot cm 111×50

Il termine “coproduzione internazionale” fa pensare, di solito, a grandi investimenti, dispendiose produzioni ricche di star per la produzione di film destinati alle catene di multisala. Il nostro film è tante cose ma certamente nessuna di quelle precedenti ma, a rigore di termini, sta diventando una coproduzione internazionale. In questi giorni è appena iniziata in Francia una speciale lotteria che mette in premio il quadro che vedete qui rappresentato: un riproduzione a colori del celebre capolavoro che Pablo Picasso realizzò nel giugno del 1937 per denunciare i crimini commessi dall’aviazione nazista (le legione Condor) che aveva distrutto il paese basco di Guernica. Il quadro fu esposto nel padiglione spagnolo dell’Esposizione Universale del 1937 che si tenne a Parigi e, per espressa volontà dell’autore, non sarebbe più rientrato in Spagna finché non fosse tornata la democrazia in quel paese. Molti combattenti volontari antifascisti raggiunsero la Spagna, provenendo da paesi fascisti, con la copertura di recarsi a Parigi per visitare proprio l’Esposizione Universale. Il pittore francese Thierry Chauvelot ha realizzato questo quadro (delle dimensioni di 111×50 cm e nel rispetto delle proporzioni originali) per contribuire al finanziamento del nostro film. Verranno venduti fino ad un massimo di 500 biglietti, al costo di 2 euro l’uno, sia in Francia sia in Italia e forse anche in altri paesi. L’estrazione del biglietto vincente avverrà al termine della vendita di tutti i biglietti e, comunque, non oltre dicembre 2017. Stiamo organizzando una “tournee” del quadro per esporlo ad un più vasto pubblico (se siete interessati/disponibili ad esporlo, fateci sapere). Siamo riconoscenti all’artista francese sia per l’aiuto concreto che apporta al nostro film sia perché ci fornisce la concreta dimostrazione che l’amicizia di chi ama la libertà non conosce frontiere. Oggi come nel 1936.

Potete acquistare i biglietti anche sul sito:
https://www.paypal.me/lotteriaguernica

Per altre modalità di pagamento potete scrivere a csi@csi-project.org

esposizione guernica
Esposizione a Le Rove (FR). Al centro (con gli occhiali) il pittore Thierry Chauvelot

Addio Aurelio

Cena addio - Buenos Aires - Agosto 1936
Questa mattina è morto Aurelio Grossi, l’ultimo italiano combattente volontario repubblicano della guerra civile spagnola. L’ultimo protagonista di questa pagina della nostra storia ci ha lasciato. Per salutarlo pubblichiamo questa foto scattata alla vigilia della partenza della famiglia Grossi, dall’Argentina verso la Spagna. Era l’agosto del 1936, la borghesia, il clero reazionario e i militari spagnoli avevano appena lanciato il loro attacco contro la Repubblica spagnola, con l’aiuto di Hitler e Mussolini. I giovanissimi Aurelio, Renato e Ada e il loro genitori, Cesare e Maria, lasciavano le certezze della loro vita per correre in aiuto della democrazia spagnola. Da quella scelta la loro vita restò per sempre sconvolta e ne pagarono le conseguenze fino all’ultimo giorno della loro vita. Oggi, 6 aprile 2017, di quella eroica famiglia non resta più nessuno. In questa foto ingiallita i visi sono un po’ sfocati ma si colgono bene le espressioni. Aurelio è sorridente, un sorriso buono, senza un velo di spavalderia. E’ chiaramente inconsapevole di quello a cui sta andando incontro. Una guerra terribile, spietata. Non ha ancora diciotto anni quando si inquadra nell’Esercito Popolare della Repubblica, insieme al fratello Renato, con la funzione di telegrafisti. E fu nel gelo di Teruel che per difendere la loro strumentazione che serviva per non far disperdere il proprio battaglione,  tornarono indietro a recuperarla. In quel frangente una bomba li investe in pieno. Aurelio perde un occhio, Renato resta sotto choc. Ma in seguito Aurelio tornò ancora a combattere, fino alla fine della guerra. Poi la terribile esperienza nel campo di concentramento di Gurs in Francia, poi ancora il carcere e il confino inflittogli dal regime fascista in Italia, per punirlo della sua scelta. Aurelio è andato sempre avanti, senza pentimento, senza concedere niente al nemico, pur senza covare odio, pagando in prima persona le sue scelte, fino all’ultimo giorno della sua vita.
L’Italia avrebbe dovuto chiedergli perdono, avrebbe almeno potuto dirgli grazie. Sarebbe stato un gesto simbolico per far voltare pagina a questo paese. E, invece, no. L’Italia ha reso onore anche ad aviatori italiani, ben sapendo che l’aviazione italiana in Spagna si è resa responsabile di atti terroristici contro la popolazione inerme. Ma non ha voluto chiedere scusa ad Aurelio, a quella parte di italiani che gettarono la propria vita nella lotta, per la democrazia, contro il fascismo. Abbiamo chiesto fino all’ultimo al Presidente della Repubblica e al Ministro della Difesa un gesto di ripensamento. Serviva più a loro, a noi tutti, al Paese, che non ad Aurelio, che non avrebbe saputo più che farsene dei pezzi di carta dello stato italiano. E, invece, nulla di tutto questo. Solo oblio e silenzio.
Aurelio, noi vorremmo continuare ancora il tuo ricordo, per un altro po’ di tempo ancora, fino a quanto ci è possibile, prima che la polvere cancelli tutto. Non è molto ma è l’ultima cosa che ci resta da fare. Siamo felici di averti incontrato un pomeriggio di fine estate di due anni fa. Ti abbiamo detto grazie come gesto formale di fronte alla Storia, senza sapere se ti sarebbe arrivato ma tu hai capito, ci hai ringraziato a tua volta e hai sorriso, ed era lo stesso sorriso buono che avevi in questa foto. Ti hanno combattuto per ottant’anni con la violenza e con l’oblio ma non ti hanno cambiato. Aurelio, la vittoria e la gloria, per quel poco che valgono, sono tue, solo tue e degli uomini come te. Addio.

with a little help from our friends

significato-dei-colori-della-bandiera-francese

Cari amici de I primi saranno gli ultimi, ci serve una mano per alcune traduzioni di brani di interviste dal francese. Qualcuno di voi che parla francese ed italiano può dedicarci un po’ di tempo? Sarete ripagati dalla nostra sempiterna gratitudine! (per il momento non possiamo offrirvi di più…)

grazie

 

Che il ricordo non si perda

foto-di-antoine

Quando io e Mauro siamo andati ad intervistare il brigatista internazionale Antoine Pinol abbiamo conosciuto Janine, una vicina di casa che lo assisteva dopo che era restato solo. Quando Antoine è morto ci ha chiamato e ci ha detto che ci avrebbe mandato alcune sue foto. Oggi queste foto sono arrivate. Io credevo che sarebbero state delle scansioni e, invece, sono gli originali. C’è tutta la vita di Antoine: Antoine da giovane, poco prima che partisse per la Spagna, sua moglie Candide crocerossina che si innamorò di lui mentre gli curava le ferite che poi gli impedirono anche di avere dei figli, le vacanze in Spagna dopo la guerra. Ho capito che Janine, insieme all’unico nipote di Antoine, crede che sia giusto che siamo noi a tenere queste foto. Forse perché siamo gli ultimi ad averlo incontrato o forse perché ha visto qualcosa in noi, magari la pervicacia con cui abbiamo strappato ad Antoine i suoi ultimi ricordi, magari perché Antoine amava gli italiani con cui aveva combattuto. Non lo so ma capisco che se non la raccontiamo noi la storia di questo ragazzo che ha rischiato la sua vita per combattere il fascismo, che ha portato per sempre addosso le ferite e la solitudine di quella scelta allora non la racconterà più nessuno. E’ un onore avere questo compito. Ed anche una grande responsabilità.

Un bacio alla bandiera

Il Blog Di Giuseppe Aragno

napoli-24-gennaio-2017-compleanno-di-aurelio-grossiOggi, 24 gennaio 2017, Aurelio Grossi ha compiuto 98 anni. Ida Mauro, la preziosa e carissima Ida, brava nella ricerca storica, come coraggiosa e appassionata nelle scelte di vita, ha voluto dedicare a lui un po’ delle sue rare giornate italiane e se n’è venuta a Napoli, stamattina, dalla penisola sorrentina. Ha portato con sé dalla sua Barcellona una bandiera  della seconda repubblica spagnola con tante firme di antifascisti italiani e catalani. Non ci sarei andato da Aurelio, se lei non mi avesse chiamato. Con noi, Alfredo Giraldi, che ai Grossi ha prestato a teatro la sua voce, il suo volto e la sue immense qualità di attore.
Aurelio è stato felice di avere visite e l’ho trovato più sveglio e presente di qualche settimana fa, quando il sindaco De Magistris gli ha consegnato la medaglia della città. Non l’avrei flag_of_spain_1931_-_1939-svgcreduto possibile, ma è andata proprio così: quando Ida ha…

View original post 122 altre parole

Narrativa, poesie e graphic novel sul tema della guerra civile spagnola

Romanzi
Per chi suona la campana di Ernest Hemingway
Racconti della guerra di Spagna di Ernest Hemingway
La quinta colonna di Ernest Hemingway (racconto)
Le avventure di un giovane americano di John Dos Passos
The great crusade di Gustav Regler
La veglia a Benicarlò di Manuel Azaña (nella versione italiana con traduzione di Leonardo Sciascia e Salvatore Girgenti)
Il muro di Jean-Paul Sartre
L’espoir di André Malraux
Soldati di Salamina di Javier Cercas
Il ragazzo che leggeva Verne di Almudena Grandes
Ines e l’allegria di Almudena Grandes
Cuore di ghiaccio di Almudena Grandes
Non piangere di Lydie Salvayre
Barcellona brucia di Max Aub
Gennaio senza nome di Max Aub
Mentre l’Inghilterra dorme di David Leavitt
Terra di nessuno di Giorgio Braccialarghe

Romanzi in cui è citata la guerra civile spagnola
L’età della ragione di Jean-Paul Sartre

Graphic Novel
I solchi del destino di Paco Roca
Rapsodia Ungherese di Vittorio Giardino
La porta d’oriente di Vittorio Giardino
No Pasarán (“Desaparecido”, “Río de Sangre” e “Sin Ilusión”)  di Vittorio Giardino
La morte di Corto Maltese di Vittorio Giardino 
Mister NO – Vent’anni dopo, Terra e Libertà e Il traditore  di Luigi Mignacco
Verdad di Lorena Canottiere
Negras tormentas e altre storie  disegnato da Alfonso Font con testi di Juan Antonio de Blas e Victorio Mora
La Guerra Civile Spagnola di Paul Preston illustrato da José Pablo García
El ángel de la Retirada di Serguei Dounovetz e Paco Roca
Le Convoi di Denis Lapière e Eduard Torrents
Los fantasmas di Ermo di Bruno Loth
La balada del norte di Alfonso Zapico
Las damas de la peste di Javier Cosnava
Le falangi dell’Ordine Nero disegnato da Enki Bilal, sceneggiatura di Pierre Christin
Noufu no Me in No Zassō nōto [Hayao Miyazaki’s Daydream Data Notes] di Hayao Miyazaki
Mattéo. Il quarto periodo (agosto-settembre 1936) di Jean-Pierre Gibrat
LA GUERRA DI SPAGNA – DOPPIO 7 di André Juillard, Yann
La sombra del condor di Gerardo Balsa
Biliardino di Alessio Spataro (è citata la guerra civile)

Racconti 
A sangre y fuego di Manuel Chaves Nogales: 
L’antimonio di Leonardo Sciascia (inserito nella raccolta “Gli zii di Sicilia”)
La Tierra de los Caidos – La guerra di Spagna: 19 racconti per non dimenticare di AA.VV a cura di Enzo Macrì e Angelo Marenzana

Poesie
La Spagna nel cuore di Pablo Neruda
Alle porte di Madrid di Nazim Hikmet
Avevo un fratello aviatore di Bertolt Brecht
Guerra di Antonio Machado
Spain di W. H. Auden
Port Bou di Stephen Spender
Understand the weapon, understand the wound di John Cornford

 

Saggi e memorie sulla guerra civile spagnola

Saggi
La guerra civile spagnola di Paul Preston
Storia della guerra civile spagnola di Hugh Thomas
La Repubblica spagnola e la guerra civile di Gabriel Jackson
La guerra civile spagnola di Harry Browne
The civil war in perspective di Raymond Carr
La guerra di Spagna di Gabriele Ranzato
L’eclissi della democrazia. La guerra civile spagnola e le sue origini (1936-1939) di Gabriele Ranzato
La grande paura del 1936. Come la Spagna precipitò nella guerra civile di Gabriele Ranzato
Guadalajara – La prima sconfitta del fascismo di Olao Conforti
Oggi in Spagna domani in Italia di Carlo Rosselli
Dal socialfascismo alla guerra civile spagnola di Luigi Longo e Carlo Salinari
I volontari stranieri e le brigate internazionali in Spagna (1936-1939) di Bruno Mugnai
La breve estate dell’anarchia di Hans Magnus Enzensberger
Il quinto reggimento di Vittorio Vidali
Guadalajara 1937. I volontari italiani fascisti ed antifascisti nella guerra di Spagna di Leonardo Pompeo D’Alessandro
!No pasaran! Il libretto rosso delle brigate internazionali antifasciste di Cristiano Armati e Filippo Petrocelli
Ebro 1938 – No Pasaran di Augusto Cantaluppi e Marco Puppini
Voci dalla Spagna – La radio antifascista e l’Italia (1936-1939) di Stefano de Tomasso
Spain: revolution and counter-revolution di William Krehm
Mussolini alla conquista delle Baleari di Camillo Berneri
Renegades – Canadians in the spanish civil war di Michael Petrou
Spanish civil war blockade runners di Paul Heaton
Antifascismo, volontariato e guerra civile in Spagna – La sezione italiana della Colonna Ascaso di Enrico Acciai
Il caso Berneri di Saverio Werther Pechar
Gerda Taro di Irme Schaber
Italiani nell’aviazione repubblicana spagnola di Angelo Emiliani
Ali in Spagna di Emiliani-Ghergo
l’Aviazione Legionariaria da bombardamento Spagna 1936-1939 di Edoardo Grassia
Ali di guerra sulla Spagna 1936-1939 di Ferdinando Pedriali
Los campos de Guadalajara di Pedro Garcia Bilbao e Marco Puppini
“Non avendo mai preso un fucile tra le mani”. Antifasciste italiane alla guerra civile spagnola 1936-1939  di Augusto Cantaluppi, Marco Puppini
Garibaldini in Spagna. Storia della XII Brigata Internazionale nella guerra di Spagna di Marco Puppini
Seguendo un ideale. Giuseppe Marchetti “Vinet” combattente antifascista senza frontiere di Marco Puppini
Journey to the Frontier: Two Roads to the Spanish Civil War di Peter Stansky and William Abrahams 
Scegliersi la parte. Antifascisti trevigiani volontari nella guerra civile spagnola (1936-1939) di Francesca Pietrobon
I nostri nella Guerra Civile di Spagna 1936-1939. Sassoferrato Genga Arcevia Pergola di Augusto Cantarelli

Diari e memorie

di parte repubblicana
Omaggio alla Catalogna di George Orwell
Ricordi della guerra di Spagna di George Orwell
Diario della guerra di Spagna di Michail Efimovic Kol’cov
Le Brigate Internazionali in Spagna di Luigi Longo (alias Gallo)
Con il 5° Reggimento  di Enrique Lister
I grandi cimiteri sotto la luna di Georges Bernanos
Cielo Rosso di Spagna di Ignazio Hidalgo de Cisneros
Gloriosa Spagna di Constancia de La Mora
Uomini Anni Vita vol 4 di Ilja Ehrenburg
The Owl of Minerva di Gustav Regler
Men in battle di Alvah Bessie
Der Spanische Krieg di Ludwig Renn
The Spanish Testament (contiene Dialogo con la morte) di Arthur Koestler
Un mondo nel mondo di Stephen Spender
Il battaglione Garibaldi di Randolfo Pacciardi
Diario Spagnolo di Giorgio Braccialarghe
Un momento di guerra di Laurie Lee
Ricordi di Spagna di Giuliano Pajetta (alias Giorgio Camen)
La battaglia di monte Pelato di Umberto Calosso
Vento, sabbia e stelle di Antoine de Saint-Exupery
Lettera ad un ostaggio di Antoine de Saint-Exupery
Spagna insanguinata. Guerra civile: riflessioni sulla vita e sulla morte di Antoine de Saint-Exupery (a cura di Paolo Imperio)
Spagna di Pietro Nenni
In nome della libertà – Diario della guerra di Spagna 1936-1939 di Aldo Morandi (alias Riccardo Formica)
Comandante Carlos di Vittorio Vidali
La caduta della Repubblica di Vittorio Vidali
Spagna lunga battaglia di Vittorio Vidali
Racconti della guerra di Spagna di Vittorio Vidali
Figlio della classe operaia di Antonio Roasio
I giustiziato accusano di Carlo Penchienati
Boadilla di Esmond Romilly
Memorie di mezzo secolo di Julio Alvarez del Vaio
Missione in Spagna di Claude G. Bowers
Rivoluzionaria professionale di Teresa Noce
Da galeotto a generale di Alessandro Vaia (alias Martini)
Un garibaldino in Spagna di Giovanni Pesce (alias Visone)
Racconti della guerra di Spagna di Vittorio Vidali (alias Carlos Contrera)
No al fascismo di Ernesto Rossi (contiene: La battaglia di Monte Pelato di Umberto Calosso)
La cuoca di Buenaventura Durruti di anonimo
La Spagna brucia di Giacomo Calandrone
La mia guerra di Spagna di Mika Etchebehere
Attraverso la mitraglia di Armand Guerra
Il maggiore è un rosso di Francesco Fausto Nitti
La Repubblica tradita di José Almudever Mateu
Love and revolutionary greetings di Laurie E. Levinger
J’ai vecu la guerre d’Espagne di Mercedes Juve, Rafael Hitos, Antoine Pinol
El Ultimo Gudari Del Batallon San Andres di Fernando Pedro Perez
Miliziano e operaio agricolo in una collettività in Spagna di Nils Latt a cura di Renato simoni
Diario di un volontario svizzero di Albert Minnig
Amori e rivoluzione . Ricordi di un miliziano in Spagna (1936-1939) di Antoine Gimenez (alias di Bruno Salvadori)
Impararono ad osare. Anello Poma, un internazionalista dalla Guerra di Spagna alla Resistenza nel Biellese a cura di Italo Poma
Il fabbro anarchico di Umberto Tommasini
Diario della guerra di Spagna di Ugo Muccini
Nel ricordo di Mario di Giaele Franchini Angeloni
I volti della guerra. Cinquant’anni al fronte di Martha Gellhorn
Mondo senza fine di Langston Hughes

di parte fascista
Guerre, eroismi e prigionia di Diviso Marinelli
Guerra di Spagna. 100/17, Alzo zero di Giuseppe Cordedda

Una guida ai film sulla guerra civile spagnola e il franchismo

DI FINZIONE:

Marco il ribelle [Blockade, Bloqueo] (1938) – William Dieterle

Espoir (1939) – André Malraux e Boris Peskine

Arise, My Love (1940) – Mitchell Reisen

Raza (1941) – José Luis Sáenz de Heredia

Rojo y negro (1942) –  Carlos Arévalo

Per chi suona la campana [For Whom the Bell Tolls] (1943) – Sam Wood

La patrulla (1954) – Pedro Lazaga

Embajadores en el infierno (1956) – José María Forqué

El frente infinito (1959) – Pedro Lazaga

Fünf Patronenhülsen [Five Cartridges, Cinco Cartuchos Vacios] (1960) – Frank Beyer

La Fiel Infanteria (1960) – Pedro Lazaga

Posicion Avanzada (1966) – Pedro Lazaga

España otra vez (1969) – Jaime Camino

La montaña rebelde (1971) – Ramón Torrado

La Casa de las Chivas (1972) – Leon Klimovsky

Retrato de familia (1976) – Antonio Giménez Rico

Las Largas Vacaciones del 36 (1976) – Jaime Camino

Soldados (1978) – Alfonso Ungria

Companys, procés a Catalunya (1979) – Josep Maria Forn

L’albero di Guernica (1980) – Fernando Arrabal

When the Boat Comes In (1976-1981)Series Four: episodes 9,10 [TV Drama]

Crónica Del Alba. Valentina (1982) – Antonio José Betancor

La Colmena [The Beehive or The Hive] (1982) – Mario Camus

The Good Fight: The Abraham Lincoln Brigade in the Spanish Civil War (1984) – Noel Buckner

Memorias del General Escobar (1984) – José Luis Madrid

Las bicicletas son para el verano (1984) – Jaime Chávarri

La Vaquilla [The Heifer] (1985) – Luis García Berlanga

Dragon rapide (1986) – Jaime Camino

Lorca, muerte de un poeta (1987) – Juan Antonio Bardem (Miniserie TV in 6 puntate)

Si te dicen que caí [If They Tell You I Fell] (1989) – Vicente Aranda

La Forja de un Rebelde (1990) – Mario Camus (Miniserie TV in 6 puntate)

¡Ay, Carmela! (1990) – Carlos Saura

El largo invierno (1992) – Jaime Camino

Terra e libertà [Land and Freedom] (1995) – Ken Loach

Fiesta (1995) – Pierre Boutron

Amor y venganza (1996) – Pilar Miró

Libertarias (1996) – Vicente Aranda

Muerte En Granada (1997) [The Disappearance Of Garcia Lorca] – Marcos Zurinaga

La Hora De Los Valientes (1998) – Antonio Mercero

La niña de tus ojos (1998) – Fernando Trueba

La lingua delle farfalle [La Lengua de las Mariposas] (1999) – Josè Luis Cuerda

El Mar (2000) – Agustì Villaronga

El Portero (2000) – Gonzalo Suárez

Silencio roto (2001) – Montxo Armendáriz

El espinazo del diablo [The Devil’s Backbone, La spina del diavolo] (2001) – Guillermo del Toro

El viaje de Carol [Carol’s Journey] (2002) – Imanol Uribe

Soldados de Salamina (2003) – David Trueba

La luz prodigiosa [La fine di un mistero] (2003) – Miguel Hermoso

El lápiz del carpintero (2003) – Antón Reixa

Head in the Clouds [Gioco di donna] (2004) – John Duigan

Para que no me olvides (2005) – Patricia Ferreira

La Batalla del Ebro (2006) – Jorge Martínez Reverte

The anarchist’s wife [La mujer del anarquista] (2008) – Marie Noelle e Peter Sehr

Le 13 rose (2009) – Emilio Martinez

Guerra civil (2010) – Pedro Caldas

Ballata dell’odio e dell’amore (2010) – Alex de la Iglesia

Ispansi [¡Españoles!] (2011) – Carlos Iglesias

Un santo nella tempesta [There be dragons] (2011) – Roland Joffrè

Hemingway and Gellhorn (2012) – Philip Kaufman

La conspiración (2012) – Pedro Olea

Un Dios Prohibido (2013) – Pablo Moreno

Bajo Un Manto De Estrellas (2014) – Óscar Parra de Carrizosa

Shadow of  a hero (2015) –  Laurits Munch-Petersen

Guernica: Cronaca di una strage (2016) – Koldo Serra

Ebro, de la cuna a la batalla (2016) – Roman Parrado

Incierta gloria (2017) – Agustí Villaronga

Fist and Dynamite – Silesian anti-fascists in Spain Upper (2019) – Dariusz Walusiak

Mientras dure la guerra [Lettera a Franco (2022)] (2019) – Alejandro Amenábar

La trinchera infinita (2019) – Jon Garaño, Aitor Arregi, José Mari Goenaga

Josep (2020) – Aurel

hanno sullo sfondo la guerra di Spagna:

The last train from Madrid (1937) – James P. Hogan

Adelante mi amor (1940) – Mitchell Leisen

Porque te vi llorar (1941) – Juan de Orduña

Il passo del carnefice (1943)  [The Fallen Sparrow]  – Richard Wallace

Confidential Agent (1945) – Herman Shumlin

Vida en sombras (1948) – Lorenzo Llobet Gracia

The Snows of Kilimanjaro (1952) – Henry King

Murió hace quince años (1954) -Rafael Gil

La noche y el alba (1958) – José María Forqué

Con la vida hicieron fuego (1959) – Ana Mariscal

La paz empieza nunca (1960) – Leon Klimovsky

El ángel vestido de rojo [The Angel Wore Red, La sposa bella]  (1960) – Nunnally Johnson

En el balcón vacío’ (1961) – (Jomí García Ascot)

Tierra de todos (1962) – Antonio Isasi-Isasmendi

… E venne il giorno della vendetta [Behold a Pale Horse] (1964) – Fred Zinnemann

La caza (1965) – Carlos Saura

The Prime of Miss Jean Brodie (1969) – Ronald Neame

La prima Angélica (1973) – Carlos Saura

Volver a empezar (1982) – José Luis Garci

Los Jinetes del Alba (1990) – Vicente Aranda (Miniserie TV in 5 puntate)

Talk of Angels (1998) – Nick Hamm

La hora de los valientes (1998) – Antonio Mercero, 1998

Primer y último amor (2002) – Antonio Giménez Rico

El viaje de Carol (2002) – Imanol Uribe

La puta y la ballena (2004) – Luis Puenzo

Triple agente (2004) – Eric Rohmer

La buena nueva (2008) – Helena Taberna

Pájaros de papel (2010) –  Emilio Aragón

Il fotografo di Mauthausen (2019) – Targarona Mare

Si cita la guerra di Spagna

Casablanca  (1942) – Michael Curtiz

Kozara  (1962) – Veljko Bulajić

Cronaca familiare (1962) – Valerio Zurlini (tratto da romanzo di Vasco Pratolini)

Alas Smith and Jones – Series 1 – episode 6 (1984)  [Tv comedy]

La famiglia (1987) – Ettore Scola

L’uomo delle stelle (1995) – Giuseppe Tornatore

I film di finzione italiani

Carmen fra i rossi [Frente de Madrid] (1939) – Edgar Neville

L’assedio dell’Alcazar (1940) – Augusto Genina

Una vita venduta (1976) – Aldo Florio

Volontari per destinazione ignota (1977) – Alberto Negrin

L’assassinio di Federico Garcia Lorca (1976) – Alessandro Cane [TV film]

sono correlati con il franchismo

Muerte de un ciclista [Gli egoisti] (1955) – Juan Antonio Bardem

La guerra è finita (1966) – Alain Resnais

Viva la muerte (1971) – Fernando Arrabal

El hombre oculto (1971) – Alfonso Ungría

Lo spirito dell’alveare (1973) – Victor Erice

Casa manchada (1977) – José Antonio Nieves Conde

Los días del pasado (1978) – Mario Camus

Ogro (1979) – Gillo Pontecorvo

De camisa vieja a chaqueta nueva (1982) – Rafael Gil

Réquiem por un campesino español (1985) – Francesc Betriu

El viaje A Ninguna Parte (1986) – Fernando Fernán Gómez

Luna de lobos (1987) – Julio Sánchez Valdés

Madregilda (1993) -Francisco Regueiro

À la vie, à la mort! (1995) – Robert Guédiguian

Los anos barbaros (1997) – Fernando Colomo

Silencio roto (2001) – Montxo Armendáriz

Salvador – 26 anni contro (2006) – Manuel Huerga

Il labirinto del Fauno (2006) – Guillermo del Toro

Los girasoles ciegos (2008) – Josè Luis Cuerda

Caracremada (2010) – Lluís Galter

Pa Negre (2010) – Agustì Villaronga

La voz dormida (2011) – Benito Zambrano

30 años de oscuridad (2011)  – Manuel H. Martín

The queen of Spain (2016) – Fernando Trueba

DOCUMENTARI POLITICI REPUBBLICANI

Las Hurdes (1933) – Luis Buñuel [sugli eventi precedenti alla guerra civile]

Frente a frente (1936) – Mauro Azcona

Quijorna (1937) – Antonio Vistarini

Spanish earth  (1937) – Ioris Ivens [sceneggiatura di Hemingway e Dos Passos, in una versione con voce di Orson Welles]

España 1936 (1937) – Jean-Paul Le Chanois (co-sceneggiato con Luis Buñuel)

Guernika (1937) – Nemesio Sobrevila

Hearth of Spain (1937) – Herbert Kline, Charles Korvin

Victoire de la vie (1937) – Henri Cartier Bresson

L’Espagne vivra  (1938) – Henri Cartier Bresson

Espana (1939) – Esfir Shub

Guernica (1950) – Alain Resnais e Robert Hessens

Morire a Madrid (1963) – Frederic Rossif

Za waszą wolność i naszą [For our freedom and yours] (1966) – Zygmunt Koziarski

Granada, Granada, Granada maya (1967) – Roman Karmen, Konstantin Simonov

Canciones para después de una guerra (1971) – Bailio Martin Patino

Les deux memoires (1974) – Jorge Semprun

Canciones para después de una guerra (1976) – Basilio Martín Patino

Caudillo (1977) – Basilio Martín Patino

La vieja memoria (1977) – Jaime Camino

El proceso de Burgos (1979) – Imanol Uribe

Barcelone 1936, les olympiades oubliées (1992) – Ariel Camacho Laurent Guyot

El Maquis. El movimiento guerrillero en Andalucía (1993) – Alfonso Arteseros

Vivir la utopía (1996) – Juan Gamero

Los niños de Rusia (2001) – Jaime Camino

No pasaran! Memorie di passione e libertà – La guerra di Spagna nel racconto dei protagonisti (2003) – Fabio Grimaldi, Pietro D’Orazio

Los niños de Morelia (2004) – Juan Pablo Villaseñor

Almas sin fronteras. La historia jamás contada de los brigadistas internacionales en la Guerra Civil española (2006) – Alfonso Domingo, Anthony L. Geist

La guerra civil en Euskadi [Gerra Zibila Euskadin] (2006)-Koldo San Sebastián

La sombra del iceberg (2007) – Hugo Doménech, Raúl M. Riebenbahuer

Hollywood contra Franco (2008) – Oriol Porta

An Anarchist’s Story: Ethel MacDonald (2009) – Mark Littlewood

Vivir de pie. Las guerras de Cipriano Mera (2009) – Valentí Figueres

Un exilio: una película familiar (2017) – Juan Francisco Urrusti

El ultim brigadista (2018) – Carles Sánchez Escrivà

I primi saranno gli ultimi (2021) – Pasquale D’Aiello e Mauro Manna

A mano armada (2022) – Omar Tuero

DOCUMENTARI POLITICI FASCISTI

Defenders of the Faith (1938) – Russell Palmer [a colori]

Los novios de la muerte (1938) – Romolo Marcellini [Incom]

Espana heroica (Helden in Spanien) (1938) – Fritz C. Mauch (versione tedesca), Paul Laven (versione tedesca), Joaquín Reig Gozalbes, Carl Junghans

Espana, una, grande, libre (1939) – Giorgio Ferroni

Arriba Espana (1939) – Giorgio Ferroni

No pasaran! (1939) – Giorgio Ferroni

Franco: ese hombre (1964) – José Luis Sáenz de Heredia

Film girati dalla CNT-FAI durante la guerra civile spagnola

Fury over Spain (1937) – Louis Frank e Juan Pallejá

Aguiluchos de la FAI 1

Aguiluchos de la FAI 2

Aguiluchos de la FAI 3

La batalla de Farlete

El cerco de Huesca

La Columna de Hierro (Hacia Teruel)

La conquista del carrascal de Chimillas (Huesca)

Division Heroica (Frente de Huesca)

El ejercito de la victoria

Madrid tumba del fascismo 5

Madrid tumba del fascismo 8

Madrid tumba del fascismo 9

Milicias Antifascistas en Aragon

Bajo el signo libertario

Ayuda a Madrid

Barcelona trabaja par el frente

En la brecha

Entierro Durruti (The mass tribute to B. Durruti)

Reportaje del movimiento revolucionario de Barcelona

Aragon trabaja y lucha

20 de Noviembre

El Instituto Regional Agropecuario

La ultima

Amanecer sobre España

Alas negras

El frente y la retaguardia

El general Pozas visita el frente de Aragon

1937: tres fechas gloriosas

¡Criminales! Bombardeos sobre Barcelona

¿Y tu que haces?

La silla vacia

Momentos de España

Teruel ha caido

La toma de Teruel

¡Nosostros somos asi!

Aurora de esperanza

Nuestro culpable

Barros bajos

Scegliersi la parte

 

Immagine aurelio t.jpg
Il Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, e il presidente dell’AICVAS, Italo Poma, sorreggono la bandiera militare della Seconda Repubblica Spagnola alle spalle di Aurelio Grossi

Il 21 dicembre 2016 alle ore 10 il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, ha conferito la medaglia della città ad Aurelio Grossi, ultimo combattente volontario italiano repubblicano della guerra civile spagnola. Leggendo la notizia delle righe precedenti si potrebbe essere indotti a pensare ad un gesto lieve di cortesia verso una persona molto vecchia a cui nella vita è capitato di stare dalla parte giusta e che si colga l’occasione del suo essere l’ultimo di una schiera per confermare un giudizio storico già accertato. Ma nulla potrebbe essere più lontano dal vero di questa idea: Aurelio Grossi è il primo combattente volontario italiano a cui, a memoria d’uomo, sia mai stata conferita un’onorificenza dallo stato italiano. Uno stato che, a dire il vero, non è avaro nel distribuire la sue medaglie ma che mai ha pensato di riservarne una per un suo cittadino che scelse di andare a difendere la democrazia spagnola dall’attacco del fascismo. E il motivo appare molto semplice: in quell’avventura i soldati italiano furono spediti a sorreggere il golpista Franco contro le legittime aspirazioni democratiche del popolo spagnolo. L’Italia di Mussolini mandò circa 50 mila soldati, tutti formalmente volontari, e oltre 750 aerei che sperimentarono per la prima volta in Europa i bombardamenti sui civili. Il notevole supporto italiano fu probabilmente determinante per l’affermazione del retrivo e crudele regime di Franco e per gli indiscriminati bombardamenti l’Italia è stata recentemente chiamata a rispondere. Non è questa la sede per un approfondito esame del ruolo politico e militare dell’Italia nella vicenda spagnola ma è certo che quell’azione è parte integrante della strategia mussoliniana che in alleanza con Hitler portò il nostro paese a schierarsi contro la democrazia e la libertà. Ma il ruolo del nostro popolo è stato parzialmente riscattato da 5 mila concittadini che rinunciando, spinti solo dai loro ideali politici, si recarono volontariamente in Spagna per difendere la democrazia. A questi 5 mila connazionali lo stato italiano non ha mai concesso onori e riconoscimenti poiché avrebbe significato onorare chi aveva sparato sul  regolare esercito italiano. Eppure questa barriere non sarebbe dovuta essere insormontabile. Allo stesso modo in cui si è riconosciuto che i partigiani che pure impugnarono le armi contro le truppe al servizio della RSI furono precursori dell’Italia democratica si sarebbe dovuto riconoscere che anche i combattenti repubblicani della guerra di Spagna lo furono. Con un certo velo di ipocrisia gli statunitensi chiamarono i combattenti volontari della Spagna come “antifascisti prematuri”, in realtà le borghesie occidentali furono miopi e tentennanti contro i pericoli fascisti e nazisti che avrebbero voluto strumentalizzare contro il rischio bolscevico e che, invece, gli si ritorsero contro.

A tutt’oggi esiste un deficit di elaborazione, almeno a livello delle burocrazie dello stato, che ha impedito di schierare le istituzioni su una posizione di saggio ravvedimento. Per questo è importante il gesto del sindaco de Magistris. Non solo perché onora un uomo che a 17 anni scelse di lasciare la vita tranquilla e agiata per andare a combattere con l’Esercito Popolare della Seconda Repubblica. Un ragazzo che anche dopo aver perso un occhio nella battaglia di Teruel ritornò a combattere fino alla fine della guerra. Un ragazzo che dopo essere stato rinchiuso nei campi di concentramento francesi venne consegnato dalla Francia sconfitta all’Italia e qui posto al confino per punirlo della sua colpa. Il gesto del sindaco di Napoli è importante perché afferma un principio importante: che l’Italia democratica si è cominciata a costruire durante la guerra di Spagna. Oggi Aurelio Grossi ha 97 anni ed è l’ultimo italiano vivente che ha combattuto in Spagna dalla parte della Repubblica. Quando noi abbiamo inviato la nostra segnalazione al Presidente della Repubblica italiana questi ha rinviato la decisione agli uffici militari che non sono riusciti ad avere il coraggio di compiere questo gesto e forse non era neppure nelle loro possibilità di compierlo. Questo è un gesto politico che il Presidente della Repubblica deve compiere nella sua autonomia politica insieme al ministro della Difesa. Aurelio non ha più alcune ambizione e non aspetta nulla da nessuno ma il suo restare ancora in vita è un’opportunità che egli concede alle istituzioni di questo paese di compiere un gesto di consapevolezza e di maturità. Dopo, tra dieci, venti, cinquant’anni, convegni e medaglie avranno un sapore di archivio, di polvere, di ipocrisia. Oggi c’è ancora spazio per un gesto di coraggio. Quello che Aurelio ha ampiamente dimostrato da quando aveva 17 anni e che lo stato italiano non ha ancora riconosciuto

 

Imperdibile riffa a sostegno de I primi saranno gli ultimi!

zerocalcare

In questi mesi abbiamo cominciato a lavorare al montaggio del film e stiamo pianificando tutte le successive fasi che ci porteranno alla conclusione del progetto. A breve contiamo di darvi degli aggiornamenti sull’avanzamento. Nel frattempo stiamo provando a completare il nostro budget anche con altre iniziative. Vi proponiamo di sostenere il film partecipando ad una riffa con un premio originale e speciale: l’originale su cartoncino della vignetta realizzata per noi da (Z)ZeroCalcare. Abbiamo pensato di suddividere su 90 biglietti (al costo di 5 euro) la possibilità di aggiudicarsi il premio che andrà al fortunato possessore del biglietto che avrà lo stesso numero del primo estratto sulla ruota di Roma all’estrazione del Lotto di sabato 7 gennaio 2017. Potete acquistare un biglietto dai soci dell’associazione CSI di vostra conoscenza oppure scrivere a csi@csi-project.org per avere informazioni su come fare ad acquistare il vostro biglietto. 

Grazie e, soprattutto, in bocca al lupo!

“E quando ho visto i fascisti arrivare, ho preso il treno e sono andato in Spagna”

funerali-antoine
I funerali del brigatista internazionale Antoine Pinol

Antoine Piñol è morto il 2 settembre del 2016 all’età di 101 anni. Lo avevamo incontrato nel luglio del 2015 nella sua casa di Le Passage, vicino Toulouse. Prima di lui non avevo mai incontrato un uomo che avesse già vissuto per cento anni e l’idea di intervistarlo sulle sue memorie della guerra di Spagna, accaduta 80 anni prima, era un azzardo a cui andavamo incontro con la serena consapevolezza di compiere un gesto audace ma non sostituibile. Il valore delle sue parole pronunciate dalla sua voce era e resta più grande delle ferite che la sua memoria aveva ricoperto con pietosi veli e vistose cicatrici. Ma la guerra di Spagna gli aveva lasciato oltre a numerose schegge di mitraglia nel corpo anche alcuni vividi ricordi nella mente. Mentre Mauro conduceva l’intervista in francese io, pur non afferrando tutte le sue parole, coglievo lo sforzo del mio amico nel tirargli fuori le risposte che ci attendevamo, comprendevo che Antoine  in alcuni casi ammetteva di non ricordare alcuni particolari su cui lo interrogavamo. Altre volte procedeva spedito nel racconto, sereno, a tratti sorridente ma quasi in difensiva per non lasciarsi scaraventare da noi nel turbinio di quei ricordi di guerra. Eppure era proprio quello che volevamo, era il motivo per cui eravamo arrivati in quel piccolo paesino del sud est della Francia dove trovarono rifugio molti dei combattenti internazionali dopo la sconfitta subita in Spagna. Nei mesi successivi la sua intervista è stata sbobinata e tradotta e così ho potuto finalmente conoscere esattamente quello che ci aveva detto. Quell’uomo fragile, consapevole della fine prossima del suo viaggio, ci aveva regalato alcuni passaggi affilati come lame, come quando ci raccontò del motivo per cui era andato  a combattere in Spagna: “quando ho visto arrivare i fascisti, ho preso il treno e sono partito“. Dunque la cifra di quell’uomo era sempre stata quella, sintetica, diretta, estremamente efficace. Negli ultimi anni, dopo la morte della moglie che aveva conosciuto in Spagna, Antoine è restato solo. A prendersi cura di lui una vicina di casa, a cui la moglie poco prima di morire lo aveva affidato: Janine. Cosa che lei ha fatto fino alla fine. Quando abbiamo appreso della sua morte Mauro ha chiamato Janine e lei ci ha raccontato degli ultimi tempi, Antoine s’era gravemente ammalato e la malattia gli creava incubi che lo strappavano al sonno. Antoine, spero che tra le tante immagini che si sono affacciate alla tua mente tra le ultime ci siano state anche quelle della terra libera di Spagna. Scusaci se t’abbiamo trascinato con insistenza nei ricordi terribili di quella guerra. Adesso tocca anche a noi raccontare i tuoi ricordi. Non può essere la stessa cosa ma faremo del meglio di cui siamo capaci. ¡Salud y República!

 

Grazie!

Ieri, domenica 24 luglio, alle 24 si è conclusa la nostra campagna di crowdfunding, con un rush finale davvero sorprendente. Dopo aver dato conto in tempo reale sulla nostra pagina facebook del suo andamento vi diamo un primo resoconto a mente fredda.
Sulla piattaforma di Produzioni dal Basso abbiamo raccolto: 4833 euro
Fuori dalla piattaforma abbiamo raccolto: 329 euro (comprensivi della vendita della tavola di Alessio Spataro)
Il totale è: 5162!
Alcuni bonifici sono ancora in corso di esecuzione per cui la cifra finale potrebbe essere un po’ diversa
Il totale raccolto è una cifra lorda a cui dobbiamo sottrarre i costi di gestione della piattaforma di crowdfunding, i costi delle transazioni di Paypal e altre spese di gestione per le nostre iniziative pubbbliche, questi costi ammontano a poco meno del 10% (esattamente 372,13). Dunque l’esito netto è: 4789,87 euro. Da questa cifra dovremo ricavare anche la produzione e l’invio dei perks (dvd e altri gadget) per i sottoscrittori che possiamo stimare avere un costo di circa il 10-15% del totale (500-700 euro), il che ci porterebbe ad una cifra disponibile di circa 4000 euro.
Sappiamo che a settembre ci sarà un’asta a nostro favore organizzata dalla Galerie Thierry Chauvelot e magari potrebbe arrivare anche qualche altra sorpresa.
I donatori sono stati oltre 100!  Abbiamo trovato anche due nuovi produttori, Francoise Piccinno e Giancarlo de Vivo (diciamo anche quasi 3 contando l’incredibile impegno su tutti i fronti di Andreas Znz) e chissà che non ne spunti un altro!
Per noi è stata un’esperienza incredibile che ci ha messo in contatto diretto con tantissime persone, ci ha permesso di capire meglio quanto sia sentita ed importante la storia che stiamo raccontando.
Questo viaggio continua ma ora siamo molti di più a farlo insieme.
grazie!

L’ultima frontiera

13565508_10154178704306397_685432909_n
Esino Marinelli – Brigata Garibaldi

Chi segue il nostro lavoro sa che le interviste ai reduci le abbiamo terminate nel settembre dello scorso anno, incontrando Aurelio Grossi. Mentre ci trovavamo nell’organizzazione della fase della post-produzione mi arriva un messaggio su facebook da una ragazza di Mantova che mi informa di conoscere un reduce della guerra di Spagna, Diviso Marinelli, che ha combattuto nell’esercito fascista. Le spiego che il nostro lavoro non contempla le interviste con i reduci dell’altro versante non perché noi non sentiamo interesse per la loro storia e neppure per una sorta di astio che certo non possiamo permetterci: studiando la storia delle Brigate Internazionali abbiamo ben capito come già loro distinguessero nettamente tra fascismo e soldati dell’esercito fascista che per lo più era povera gente senza nessuna velleità politica. Semplicemente era fuori dal tema del film, il nostro film vuole parlare delle scelte individuali in nome di ideali di libertà e, quindi, il percorso delle interviste è tracciato da una sola parte. Ma lei non mi aveva ancora detto tutto, questa storia era molto più complessa di come poteva sembrare. Innanzitutto per una questione di definizione, sebbene inquadrato nel CTV (il corpo volontario), Diviso non aveva scelto liberamente di partire ma era stato iscritto nelle liste da un suo compaesano (tal Olivo Cuoco). Episodio chiarificatore sulla natura di quei soldati ma questo non spostava la questione, Diviso era parte di un’altra storia. Fino a quando non mi rivela un elemento assolutamente inaspettato: Diviso Marinelli aveva combattuto a Guadalajara e in quella battaglia era morto suo cugino, Esino Marinelli, combattente della Brigata Garibaldi.

13579027_10154178780486397_1967492476_n
il retro della foto di Esino Marinelli

In un primo tempo non riuscivo a credere di essermi imbattuto in una storia tanto intricata, inquietante e drammaticamente simbolica, fino al punto di sembrare un film nel nostro film. A quel punto ho cominciato una serrata verifica delle fonti, sia su Diviso sia su Esino. Ho controllato lo stato di servizio di Diviso, i documenti negli archivi dell’INSMLI: tutto tornava. I due cugini avevano combattuto uno contro l’altro nella stessa battaglia. Più procedevo nella ricerca più trovavo dettagli e conferme inaspettate. La divisione di Diviso, Fiamme Nere, e la brigata Garibaldi si erano affrontate direttamente nei pressi della città di Brihuega e nell’assalto al Palazzo Ibarra. Leggendo il diario di Diviso Marinelli ho trovato le tracce della sua presenza nei dintorni di Brihuega e del Palazzo Ibarra proprio nei giorni di quegli scontri. I due cugini non erano solamente presenti nella battaglia di Guadalajara (che dura 15 giorni su un fronte di decine di chilometri), Diviso ed Esino si erano letteralmente sparati addosso tra i giorni 11 e 14 del Marzo del 1936. Per uno strano caso del destino, nonostante Esino fosse un combattente come tanti altri, trovo molta documentazione su di lui. Alcune notizie mi lasciano stupefatto. Attraverso un mio amico storico vengo a conoscenza di una lettera scrittagli dalla madre un mese prima della sua morte, una lettera che non gli è mai giunta perché sequestrata dalla censura fascista. Trovo una testimonianza diretta sul ferimento di Esino nel libro su Guadalajara di Olao Conforti, che lo vuole presente il 14 sera presso il posto di medicazione di Torija, qualcuno dei suoi compagni descrive come è vestito, giubba kaki e maglione nero, è ferito alle gambe. Forse è stato ferito proprio durante l’assalto che le Brigate Internazionali fanno contro le truppe fasciste asserragliate lì dentro. Ma Diviso dov’è il 14 marzo? Per caso è proprio nel Palazzo Ibarra? Forse hanno combattuto uno contro l’altro nel giorno in cui probabilmente è stato ferito Esino? Dal diario di Diviso non si evince.

13579927_10154178673036397_1205794468_o
mappa della battaglia di Guadalajara

A questo punto so troppe cose su Esino Marinelli. So che era emigrato in Francia all’età di 12 anni con il padre, dopo la morte del padre rimane in Francia come operaio nelle industrie metallurgiche e con quel che guadagna mantiene la sua famiglia restata a Genga. So che diventa un militante comunista ricercato dall’OVRA. Quando si formano le Brigate Internazionali è tra i primi a partire e nell’ottobre del 36 è già in Spagna a combattere. Partecipa alle battaglie di Cerro Rojo, Pozuelo, Boadilla Mirabueno, Majadahonda, Arganda, difende Madrid alla Casa del Campo. Trovo la testimonianza di un suo commilitone sul ferimento che lo porterà alla morte una settimana dopo:  riferisce che è stato colpito assaltando un carro armato con bombe a mano. A quel punto capiamo che dobbiamo raccontare la sua storia, capiamo che la sua vicenda e quella di suo cugino rappresentano in modo straordinario la spaccatura verticale prodotta dalla guerra di Spagna. E solo Diviso può  ancora raccontarcela con le parole di un testimone diretto.

ad8de0b9-fac2-4753-b42f-0a9bf1540706
Intervista a Diviso Marinelli- Mantova 16 luglio 2016

Sappiamo che non sarà un’intervista facile, sarà diversa dalle altre, non solo per il ruolo di Diviso nella guerra ma anche perché noi gli porteremo delle informazioni sulla vita e sulla morte di Esino di cui lui non è mai stato a conoscenza per 80 anni. Lo facciamo nella convinzione che Diviso voglia sapere e nella speranza che possa ricordare altri particolari che aiutino ad inquadrare meglio questo episodio i cui contorni probabilmente conserveranno per sempre un margine di incertezza ma i cui dettagli emersi sono carichi di esemplare drammaticità.

13664453_10210001533781903_396444824_n
Diviso in Spagna (il primo da sinistra)

Quest’intervista ci ha riservato momenti di drammatica tensione, i materiali che abbiamo portato a Diviso gli hanno risvegliato ricordi sopiti, inaspettati e sorprendenti. Ancora una volta questa storia ci eccede, ci spiazza, ci interroga sulla nostra capacità di saperla raccontare. Dobbiamo riguardare il materiale, rifletterci su. E’ una storia importante, l’ultima, la più estrema. Il caso ha voluto che la incontrassimo al termine del nostro viaggio e noi non ci siamo sottratti.

 

 

L’ultima settimana

Manca un’ultima settimana per la conclusione (domenica 24 luglio) del crowdfunding per realizzare il nostro film. Siamo felici di quello che già avete fatto per noi, ora serve un ultimo impegno per assicurarci che il film venga realizzato, presto e al meglio. Siamo all’ultima curva prima del traguardo!

banner campagna di crowdfunding

 

 

 

Biliardino di Alessio Spataro per I primi saranno gli ultimi

biliardino spataro tavola

La tavola che vedete raffigurata qui proviene dalla graphic novel Biliardino di Alessio Spataro che ce ne ha fatto dono come perk per la campagna di crowdfunding del film I primi saranno gli ultimi, associata ad una donazione di 150 euro.

Biliardino racconta la storia di Alejandro Finisterre, poeta, inventore, editore a cui si deve l’invenzione del biliardino. Alejandro Finisterre fu ferito nel novembre del 1936 in un bombardamento su Madrid ad opera delle forze franchiste. Ricoverato in un ospedale di Montserrat insieme a molti bambini mutilati ed impossibilitati da giocare al gioco del calcio inventò il biliardino per permettere loro di poter ancora divertirsi.

Chi ha amato l’avvincente libro di Alessio Spataro, chi vuole conservare un ricordo di questa storia può avere questa tavola facendo una donazione a favore del film I primi saranno gli ultimi. Un modo per far incontrare ancora una volta due storie che 80 anni fa si intrecciarono in modo indelebile. Chiunque fosse interessato ad acquistare questa tavola può scrivere a csi@csi-project.org
grazie, ne faremo un buon uso.
Seguiteci su:
https://www.facebook.com/iprimisarannogliultimi/

Altre notizie su Biliardino qui:
http://alessiospataro.blogspot.it/2015/01/biliardino-bao.html
http://www.baopublishing.it/shop/dettaglio/978-Biliardino
http://www.fumettologica.it/2015/10/biliardino-intervista-alessio-spataro

Esa lámina original es del cómic Futbolín de Alessio Spataro. El autor  nos la ha regalado como “perk” para la campaña de crowdfunding del documental “Los primeros serán los últimos” (I primi saranno gli ultimi). Para conseguirla hay que contribuir al proyecto con 150 euros.
Futbolín cuenta la historia verdadera de Alexandre de Fisterra, poeta, inventor y editor. Fue el inventor del futbolín. En noviembre 1936, Alexandre de Fisterra quedó herido en uno de los bombardeos  franquistas de Madrid durante la Guerra Civil Española. Estuvo ingresado en un hospital de Montserrat junto à muchos niños mutilados que no podían jugar al futbol. Por eso inventó el futbolín, para que los niños pudieran divertirse.
Futbolín acaba de ser publicado en España (http://www.megustaleer.com/libro/futbolin/ES0148035). Si quieres guardar un recuerdo de esta historia, puedes conseguir esa lámina a través de una contribución en la plataforma crowdfunding del documental. Es una manera para hacer encontrar una vez más estas historias que se cruzaron indeleblemente hace 80 años. Cualquiera persona interesada en comprar esta lámina puede también escribir a : csi@csi-project.org

Muchas gracias!
La página crowdfunding:
https://www.produzionidalbasso.com/project/i-primi-saranno-gli-ultimi/
Síguenos en Facebook:
https://www.facebook.com/iprimisarannogliultimi/

Páginas de Alessio Spataro:
https://www.facebook.com/Alessio-Spataro-89950132206/

Mas sobre futbolín:

http://www.elcultural.com/noticias/letras/La-lista-final-para-la-Eurocopa/9412
http://www.libropatas.com/comics/futbolin-comic-recuperar-la-novelesca-biografia-del-inventor-del-futbolin

International teaser

We present the international teaser of the documentary “The first shall be the last”. It has subtitles in english, french and spanish

 

 

 

Il teaser

Quello che vedete qui è il primo estratto che abbiamo montato dal nostro materiale. E’ il frutto della visione e della scalettatura di diverse decine di ore tra girato e filmati di repertorio. Il girato prima di essere selezionato è stato tradotto in italiano e successivamente tradurremo il montato anche in altre lingue. Le nostre immagini provengono da fonti di ripresa diverse (una reflex e due smartphone) e, quindi, devono essere omogeneizzate con un significativo lavoro di correzione del colore. L’audio degli autori è stato ripreso volontariamente (ma anche necessariamente) in modo ambientale e, quindi, richiede un trattamento per renderlo più intellegibile. Stiamo scegliendo e componendo delle musiche originali per il nostro progetto. Se vuoi sostenere questo progetto puoi farlo in molti modi, contribuendo alla campagna di crowdfunding, diffondendo la nostra comunicazione o anche entrando nella squadra che ci sta lavorando. Sarà un viaggio lungo ma affascinante, fatelo insieme a noi!

banner campagna di crowdfunding

Un ringraziamento speciale ai nostri Mediapartner che ci stanno sostenendo nella comunicazione in questa fase

header_taxidrivers

Storia dei Film Logo

 

 

e all’associazione dei reduci combattenti volontari antifascisti nella guerra di Spagna che ci ha concesso il patrocinio

LogoAICVAS

 

 

Salite tutti a bordo: parte la campagna di crowdfunding!

20160505_191854Il nostro viaggio è a un punto cruciale. Dopo 3000 km, oltre 50 ore di girato, 20 ore di materiale di repertorio catalogato, 5 interviste realizzate tra Roma, Toulouse e Napoli e innumerevoli ore passate a visionare, etichettare e tradurre tutto il materiale, siamo pronti a partire per la seconda tappa: con Giorgia Amodio, che ha affrontato con coraggio un enorme lavoro di catalogazione, e con il supporto di Matteo Cusato abbiamo montato un trailer, con le musiche di Pasquale Mollo, che potrete vedere dal 15 maggio nella pagina dedicata alla nostra campagna di crowdfunding pdb-iprimisarannogliultimi. La pagina è già attiva e la potete visitare ma la campagna partirà domenica 15 maggio.

Dietro a tutto questo c’è anche il grande lavoro che stanno facendo tutti i membri del CSI Consorzio Sperimentazione Immagine sia nell’organizzazione che nella comunicazione. Come vedete siamo in tanti. Ci teniamo a dire che il nostro lavoro di autori, come anche tutto il lavoro organizzativo, verrà svolto a titolo gratuito. Riteniamo però che sia necessario, oltre che giusto, retribuire, seppure non adeguatamente, le persone chiamate a dare il loro contributo professionale. Altrettanto necessario è coprire i costi vivi di questa fase del progetto. Con i contributi della campagna contiamo quindi di finanziare una coda produttiva comprensiva di animazioni grafiche, tutta la post-produzione e la fase di distribuzione. Il rilascio del film è previsto entro la fine del 2016, nell’80esimo anniversario dell’inizio della Guerra Civile Spagnola.

In quella macchina che, nella notte del 15 aprile 1937, a Vinaròs, attraversò le linee nemiche a fari spenti, c’erano due uomini che volevano tornare a tutti i costi a combattere insieme ai compagni, sull’Ebro. Erano in due ma probabilmente non si sentivano soli. Quel gesto, piccolo o forse enorme, ha fatto la storia, la nostra storia. A noi spetta raccontarlo.

Grazie a tutti quelli che ci aiuteranno a portare a termine questo viaggio.

Parlando con Vicent

20150712_190037

Qualche giorno fa ho finito il lavoro di revisione del materiale dell’intervista che abbiamo fatto a Vicent Almudever, la seconda realizzata in Francia dopo quella fatta a suo fratello Josep. Adesso manca solo quella di Antoine Pinol, la più breve delle tre. Sono in francese e quindi, per poterci lavorare si è reso necessario fare una traduzione sintetica col minutaggio che ci permetta di individuare e scegliere i pezzi che ci interessano. Solo l’intervista di Vicente sono circa tre ore di girato e, fatti i conti, non potremo utilizzarne che una ventina di minuti al massimo. La verità è che non mi sembra possibile, oggi, ridurre in venti minuti una storia che stava già stretta in tre ore di girato, e nelle sette o otto ore passate insieme. La storia di un ragazzo che voleva fare il calciatore o il musicista ma che la guerra ha portato altrove.

Vicent aveva fatto un provino per il Valencia FC, era bravo, l’allenatore gli disse di tenersi pronto, che l’avrebbe richiamato, ma due mesi dopo ci fu il golpe e non arrivò nessuna chiamata. L’altra passione era il contrabbasso, suonava nella banda, ma pochi giorni dopo lo scoppio della guerra i falangisti andarono a casa sua e gli portarono via lo strumento. Ci ha detto: “La guerra ha distrutto la vita di migliaia di giovani spagnoli come me”. Vicent, a diciannove anni, ha fatto la sua scelta. Si è arruolato volontario ed è andato a combattere e non ha smesso fino a quando la guerra non era finita, male purtroppo, e si è rifugiato in Francia, dove ancora vive. Durante la guerra ha rifiutato un posto da traduttore a Madrid (nato a Marsiglia da genitori spagnoli, conosceva il francese) per restare al fronte, per continuare a combattere per quello in cui credeva. E ancora oggi Vicent rivendica la sua scelta e nonostante tutto quello che ha significato per lui, potrei dire, la ama.

Per me questo, in un’epoca che antepone a tutto il raggiungimento degli obiettivi personali e della propria realizzazione, testimonia del fatto che la padronanza e la ricchezza del proprio percorso sta anche nella capacità di incontrare il proprio tempo e i percorsi degli altri, nel senso più ampio del termine. È questo il senso dell’espressione credere nel futuro?

Nuove risorse per la prossima fase

Con l’intervista ad Aurelio Grossi riteniamo sostanzialmente conclusa la fase di produzione. Per l’editing del documentario stiamo cercando un montatore interessato a questo progetto. Per sostenere i costi di questa fase intendiamo organizzare una raccolta di fondi attraverso una campagna di crowdfunding.  Chi fosse interessato al progetto può prendere contatto con gli autori attraverso la pagina facebook dell’associazione CSI – Cornsorzio Sperimentazione Immagine oppure all’indirizzo di posta elettronica: csi@csi-project.org.

 

L’ultimo combattente per la libertà

«Il male, dunque, che più ci spaventa, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c’è lei, e quando c’è lei non ci siamo più noi.» Epicuro. Lettera sulla felicità

Incontro con Aurelio Grossi. L’ultimo italiano combattente volontario della guerra civile spagnola

20150913_200436
Aurelio Grossi con la troupe di “I primi saranno gli ultimi” Napoli – 13 settembre 2015

Quando ho cominciato a lavorare a questo progetto avevo chiaro il mio obiettivo, sapevo che volevo incontrare gli ultimi combattenti volontari della guerra di Spagna per ricordare il valore del loro impegno. In un lavoro di questo tipo è insito il valore del passato, è chiaro che si fa perno sul passato per affermare un valore assoluto. Ero consapevole del fatto che per me aveva un grande significato incontrare fisicamente chi tanti anni fa aveva fatto quella scelta. Sapevo che che la presenza in vita era un legame forte. Il fatto che loro fossero ancora vivi mentre anche io lo sono è la finestra di opportunità che ho per raccogliere la loro testimonianza personale. Eppure  a quel tempo, prima di incontrarli, ero convinto che il mio lavoro era rivolto soprattutto alla storia e al passato. Qualcosa è cambiato sin dalla prima intervista con Josè Almudever ma è stato l’incontro con Aurelio Grossi che mi ha definitivamente fatto comprendere come stessero realmente le cose.

IMG_4008bis
La famiglia Grossi, prima di imbarcarsi da Buenos Aires alla volta della Spagna 11 Agosto 1936

Appena venuto a conoscenza dell’esistenza in vita di Ada e Aurelio Grossi ho cercato di incontrarli. Dalle prime notizie che avevo raccolto avevo capito che Ada aveva avuto un repentino peggioramento delle sue capacità di ricordo negli ultimi mesi e che per questo sarebbe stato difficile ottenere un’intervista ponderata da lei ma forse non impossibile. Per quanto concerneva Aurelio, invece, avrei dovuto rassegnarmi all’impossibilità di incontrarlo in quanto  le sue condizioni fisiche non permettevano più alcun contatto. Organizzare l’incontro con Ada non fu facile ma alla fine, ottenuto il consenso, non restava che fissare una data. Sentivo l’urgenza di incontrarla quanto prima, di registrare la sua voce, la voce di Radio Spagna libera, perché temevo, data la sua età avanzata, che qualcosa potesse impedirmelo per sempre. Questo timore altro non era che una forma con cui si manifestava quell’urgenza che mi aveva spinto ad iniziare questo documentario. Dopo diversi rinvii avevamo pianificato di incontrarci ai primi di settembre, eravamo alla fine di luglio e lo stato di salute di Ada non destava preoccupazioni. Ma un pomeriggio dei primi giorni di agosto arriva la notizia, Ada era morta. Mi sono sentito spiazzato, privato di una possibilità, beffato dal destino. I numeri assumevano significati simbolici: la notevole estensione della sua vita mi appariva come il grande arco temporale che il caso mi aveva offerto di incontrarla, la piccola distanza tra la mia città e la sua era la facilità che avrei potuto avere per raggiungerla e la piccola differenza di giorni tra la sua morte il giorno del nostro incontro prefissato una crudele beffa del destino oppure il sintomo di una mia incapacità. Con lei sfumava la possibilità di raccogliere dalla loro viva voce tutta la storia della famiglia Grossi che, invece, mi appariva di straordinario interesse.  I documenti video che raccolgono la loro testimonianza erano quasi del tutto inesistenti (se si esclude un’intervista amatoriale effettuata da una scolaresca di Napoli). In qualche modo il mio “errore” era anche un danno alla memoria collettiva, anche tenuto conto del poco che possa valere il mio lavoro di documentazione. Per me quella storia si concludeva bruscamente con la morte di Ada.

Eppure non riuscivo ad arrendermi a quell’idea, in qualche modo ne ero restato ossessionato sin dal primo momento in cui ne avevo sentito parlare. Non riuscivo a credere che in Italia fossero ancora presenti dei reduci combattenti volontari della guerra di Spagna. Ed io non essere riuscito ad incontrarli. Rimuginando su questo capii che me era diventato fondamentale incontrare Aurelio, anche se non avrebbe potuto dirmi nulla e nulla avrebbe potuto ascoltare da me. Pensavo che testimoniare la sua presenza in vita sarebbe stato, comunque, sufficiente per una ricognizione storica su di lui e la sua famiglia. Alla fine sono riuscito ad ottenere il permesso di un’intervista rilasciata dal prof. Aragno o dalla stessa nipote di Aurelio, Sylvia G. Grossi (figlia di Ada), da svolgere alla presenza di Aurelio. Quello mi sarebbe bastato per ricomporre all’interno di un frame video quell’unità di immagine e di parola di cui avevo bisogno per riproporre con vividezza il discorso sulla partecipazione volontaria alla guerra di Spagna.

20150913_201551
Aurelio Grossi Adolescente in Argentina

Con i compagni della troupe andiamo a Napoli, arriviamo a casa Grossi, scambiamo due chiacchiere con Sylvia e suo figlio Aitor che ci accolgono con calore, piazziamo la videocamera e le luci, avvisiamo che siamo pronti a girare, possono chiamare Aurelio.  Io avevo posizionato le luci e le sedie per tenere l’interlocutore in primo piano e Aurelio, per qualche minuto in secondo piano, magari rivolto verso la finestra. Quando lo vedo arrivare sento come se la storia, quella che andrebbe scritta con la s maiuscola, entrasse nella stanza. Mi avevano detto che Aurelio non poteva vedermi, ascoltarmi o parlarmi quindi quella figura che guardavo entrare era tutto ciò che potevo avere di lui. Un uomo vecchissimo, camminava curvo ma con un volto disteso e buono, appariva distante da noi ma non offeso dalle ingiurie del tempo. Questo era tutto quello che restava di quel ragazzo che giovanissimo decise di spostarsi dall’Argentina per andare in Spagna a combattere per la libertà e contro il fascismo. E in quella lotta subire enormi perdite, pagate a caro prezzo per tutta la vita. A qualcuno potrebbe sembrare poco ma per me era già tanto.

Aurelio si siede affianco a sua nipote che gli dice, urlando nell’unico orecchio che ancora percepisce dei suoni, chi siamo e cosa siamo venuti a fare. La mia prima sorpresa: ma dunque Aurelio può sentirci. Pensai che fosse solo un’affettuosa premura nei suoi confronti e, invece, quando Sylvia gli dice che siamo dei cineasti venuti per ascoltare la sua storia Aurelio ci sorride e rotea la mano come a dire: “niente di meno!”. Dunque Aurelio comprende quello che gli si dice! In quel momento ho capito che Aurelio era ancora tra noi, non era solo un corpo. L’intervista riserva diverse sorprese, tra cui una considerazione di George Orwell, raccolta direttamente dal nonno di Sylvia e padre di Aurelio, Cesare Grossi, durante uno scambio con lo scrittore. Aurelio, in diversi momenti, risponde a semplici domande di Sylvia e pur tra mille non ricordo riesce ancora a puntualizzare diverse cose che gli sono rimaste nella memoria. Riesce a comunicare con molto sforzo, non solo con la gestualità delle mani ma anche con un filo di voce che interpretiamo insieme al labiale. Per me è una sorpresa grandissima e bellissima, perché siamo riusciti ad entrare in contatto. Alla fine, noi tutti lo ringraziamo, per la sua vita spesa per libertà e per averci dedicato attenzione ed energie. Aurelio, l’ultimo italiano combattente volontario della guerra di Spagna ancora in vita, raccoglie le sue forze e stringendoci con affetto le mani ci dice sottovoce: sono io che ringrazio voi.

2015-09-13 20.03.51
Aurelio Grossi con la troupe di “I primi saranno gli ultimi”. Napoli – 13 settembre 2015

In quel momento comprendo il vero motivo che mi ha spinto in questa impresa. Volevo ringraziarli, farlo con la mia voce, che mi udissero, prima che se ne andassero tutti per sempre. Per questo dovevo farlo subito finché qualcuno di loro era ancora vivo.  Ma questi eroici ragazzi non smettono di stupirmi e alla fine sono loro che mi ringraziano per essere andato a sentire la loro storia. Allora c’era bisogno di questo incontro, allora questo nostro lavoro è utile. Ora ho capito che la forza più grande che mi spinge a raccontare le loro storie non è la gloria del passato ma il presente, quel tempo in cui si è in vita, noi e loro. Quella vita che loro hanno speso e continuano a  spendere per la libertà, di tutti, con infinita generosità. E che resta il solo modo che io conosca per onorare il tempo che la vita concede.

Il futuro e la paura

Trascrivo l’incipit del romanzo di Milan Kundera, La lentezza, edito in Italia da Adelphi. Mi è capitato di riprenderlo in mano qualche giorno fa, dopo tanti anni, e mi ha colpito questo brano per la relazione che istituisce tra paura e futuro, che mi sembra avere a che fare con la storia che stiamo tentando di raccontare.

Ci è venuta voglia di passare la serata e la notte in un castello. In Francia, molti sono stati trasformati in alberghi: un fazzoletto di verde sperduto in una distesa di squallore senza verde; un quadratino di viali, alberi, uccelli al centro di una immensa rete di strade. Sono al volante e osservo, nello specchietto retrovisore, una macchina dietro di me. La freccia di sinistra lampeggia e tutta la macchina emette onde di impazienza. Il guidatore aspetta il momento giusto per superarmi; spia questo momento come un rapace che fa la posta a un passero.
Mi moglie Vera mi dice: “Sulle strade francesi ogni cinquanta minuti muore un uomo. Guardali tutti questi pazzi che corrono accanto a noi. Sono gli stessi che sanno essere così straordinariamente prudenti quando sotto i loro occhi viene scippata una vecchietta. Com’è possibile che quando guidano non abbiano paura?”.
Che cosa rispondere? Questo, forse: che l’uomo curvo sulla sua motocicletta è tutto concentrato sull’attimo presente del suo volo; egli si aggrappa ad un frammento di tempo scisso dal passato come dal futuro; si è sottratto alla continuità del tempo; è fuori del tempo; in altre parole, è in uno stato di estasi; in tale stato non sa niente della sua età, niente di sua moglie, niente dei suoi figli, niente dei suoi guai, e di conseguenza non ha paura, poiché l’origine della paura è nel futuro, e chi si è affrancato dal futuro non ha più nulla da temere.

Mi ha colpito che l’assenza del sentimento della paura fosse associato a una sorta di affrancamento dal futuro. Ho pensato agli uomini che abbiamo intervistato e agli uomini e alle donne che hanno fatto la stessa scelta, che come ho già scritto in questa sede, sono convinto siano andati a combattere in Spagna proprio per difendere il futuro nel quale credevano, perché avevano una precisa e consapevole nozione di futuro, collettiva certo, ma anche individuale, se non altro perché membri di quella collettività. E mi sono chiesto se, in azione, anche loro trovavano la forza per combattere e rischiare la vita proprio astraendosi da essa: senza età, senza genitori, fratelli, mogli, figli. Con le debite proporzioni tra una corsa in moto e la partecipazione a una battaglia, tra un sorpasso a 200 km/h e l’uscita da una trincea sotto il fuoco di una mitragliatrice, per il contesto e, ancor di più, per le motivazioni.

Uomini e donne che, nel momento di difenderlo a costo della propria stessa vita, dovevano dimenticare, astrarsi temporaneamente dal futuro per cui erano andati a combattere. E’ questo il paradosso, solo apparente intuisco adesso, che mi ha colpito.

Con Joseph, Vincent e Antoine abbiamo parlato anche di paura. La prima risposta alla domanda hai avuto paura? è stata un secco no. Poi, continuando a parlare abbiamo capito che quel no nascondeva un concetto più articolato. Non me lo potevo permettere, non potevo dare il cattivo esempio, mostrare agli altri che avevo paura. Mi obbligavo a non pensarci. Quasi che la paura fosse una cosa contagiosa e che non si potesse rischiare di trasmetterla agli altri. Era anche questo il modo di farsi forza in trincea. In trincea perché la paura è figlia dell’attesa, non dell’azione, come in fondo dice Kundera. A meno che nell’azione non ci si trovi coinvolti per circostanze diverse, non sempre dettate dalla volontà. E questo non è il caso dei nostri uomini, che hanno sempre scelto di essere in prima linea, hanno sempre voluto fortemente combattere. Desiderato, direi, esserci, senza sconti. Uomini che sono stati i primi e che sono oggi, per un insieme di ragioni che il nostro lavoro cercherà di rintracciare, gli ultimi.

Il dovere dell’eccezionalità

20150712_185859Avevo già incontrato Vicente Almudever, nel 2011 a Barcellona. Avevo notato la sua innata allegria, la voglia di fare festa insieme a noi e di cantare le canzoni repubblicane, soprattutto Ay Carmela che parla della battaglia dell’Ebro. Non avevo avuto modo di parlargli ma me n’ero ugualmente fatto un’idea. Ritenevo fosse un uomo comune finito nel tritacarne di quella orribile guerra e che, uscitone miracolosamente vivo, amasse ricordarne gli aspetti meno cruenti e meno problematici. Devo essere sincero, supponevo che avesse avuto in quella guerra un ruolo defilato, si sa, le guerre si combattono anche negli uffici, negli ospedali, nelle retrovie. Ma era pur sempre un soldato volontario e per questo gli rendevo onore. Quando l’ho incontrato nuovamente nel 2015, per intervistarlo, ci si è mostrato gentilissimo, accogliente, ci ha invitato a pranzo in un ristorante e poi, con diligenza e inflessibile resistenza si è offerto a tutte le nostre domande. Durante l’intervista il suo piglio era compito, puntuale, senza sussulti, senza deviazioni. Davanti ai nostri occhi srotolava la sua storia senza enfasi guerresca. Ma il quadro che raccontava la sua biografia acquisiva tinte del tutto inaspettate. Scopro che non era stato un soldato delle retrovie e che, anzi, quando gli ordinarono di andarvi, per svolgere la funzione di interprete, si rifiutò di farlo. Vengo a sapere che è tra quegli uomini che hanno partecipato all’ultima grande battaglia della guerra civile, ha fatto la traversata dell’Ebro sotto lo sbarramento delle mitragliatrici nemiche e, ci rivela, che a quella battaglia avrebbe potuto non parteciparvi ma che fece di tutto per esserci. Ci racconta di essere stato anche per qualche mese commissario politico della sua compagnia. Un ruolo per il quale, se catturati, si era immediatamente fucilati. Vicente viene da una famiglia circense e nella vita avrebbe voluto svolgere un’attività creativa  o sportiva. Non era nato per la guerra ma quella guerra ha sentito il dovere di combatterla. E di farlo fino in fondo. Solo ora comprendo che Vicente era un uomo normale a cui la storia ha chiesto di scegliere, e lui ha scelto la parte che sentiva più giusta, anche se era la più difficile e lontana dalla sua natura pacifica. Quando andiamo via ci regala bottiglia di Cherry, è felice che siamo andati ad ascoltare la sua storia. E forse spera che sapremo raccontarla bene. Quando siamo già in macchina, lui è in piedi sul marciapiedi, con una mano si appoggia al suo bastone, con l’altra ci saluta, sorridendo. Poi stringe il pugno. Vicente è ancora comunista, questo non ce l’aveva detto, forse perché non glielo avevamo chiesto. Ma lui vuole che noi lo sappiamo. E’ l’ultima cosa che ci fa sapere. Speriamo di riuscirci a raccontare la sua storia. Bene, come merita.

Quello che resta

20150711_202650
Josè Almudever. Uno degli ultimi reduci delle Brigate Internazionali della Guerra di Spagna

Quando ho deciso di imbarcarmi in quest’avventura il primo sentimento che ho provato è stato quello dell’incredulità. Non credevo che saremmo riusciti a rintracciare ed incontrare i reduci dei combattenti volontari di questa guerra, non credevo che avrebbero avuto la lucidità di raccontarci la loro storia, i loro sentimenti, i loro ricordi. Eppure quando abbiamo stabilito un contatto con loro abbiamo preparato delle lunghe ed articolate interviste che rappresentavano tutta l’ansia che avevamo di comprendere la loro vita. L’incontro con loro è stato in ogni caso spiazzante. Josè, 96 anni, è in perfette condizioni fisiche e mentali. Appena lo incontriamo ci porta in giro per la sua casa cosparsa di cimeli, ci sommerge di parole. Ci attendeva con un fazzoletto rosso al collo e una bandiera della Repubblica spagnola. Il primo impatto è straniante, temo che non abbia voglia di ascoltarci e che possa solamente esternarci qualche generico e cristallizzato ricordo. Lo lasciamo parlare, gli  chiediamo dettagli di ogni targa e foto che ci mostra. Alla fine ci sediamo e cominciamo l’intervista. La voce è bassa, spesso monotona, a tratti si fa dolente. Sono concentrato sulle espressioni del suo volto che cerco di illuminare con la dignità che merita, al meglio della mia attrezzatura da viaggio e delle mie qualità di operatore cinematografico. L’intervista è in francese e non sempre colgo il senso delle risposte ma seguo la progressione nella lista delle domande che abbiamo preparato. Nella pausa pranzo siamo invitati a mangiare con lui e altri suoi ospiti. Sono due ragazzi spagnoli, a giudicare dalle loro parole ritengo che siano anarchici, e un signore colombiano che sta per partire per un viaggio in bici in Iran. Mangiamo insieme la Paella, un piatto tipico di Valencia, la città che Josè ha difeso fino all’ultimo giorno. I ragazzi vorrebbero esprimere le loro perplessità sull’atteggiamento dei comunisti durante la guerra ma lo fanno sottovoce, sanno che Josè è un comunista e non vogliono contrariarlo, per loro resta comunque un eroe, un uomo che ha combattuto per i suoi ideali. Josè ha avuto contrasti con gli anarchici, ci ha raccontato un episodio molto toccante e triste, non condivideva le loro posizioni eppure non li odia, probabilmente non l’ha mai fatto. Durante la pausa pranzo Mauro si addormenta su una sedia, Josè è dinamicissimo, mi mostra i documenti e le foto della guerra, gli chiedo di fotografarli in originale, li cerca nelle sue cartelline, mi chiede di leggerne l’etichetta sopra. Non vede bene ma non porta occhiali e molte cose le indica a memoria. Dopo pranzo continuiamo, non è ancora stanco. E’ più disponibile ad ascoltare, altre nostre domande ci risponde nel dettaglio, è attento, forse ha compreso la nostra ansia di entrare dentro quella storia, anche nei suoi risvolti umani. Probabilmente gli costa fatica parlare di eventi tragici che lo coinvolgono ma lo fa, sa che è una parte importante della storia, che non può essere raccontata solo in termini politici. Quando ricevo la traduzione delle sue risposte un brivido tetro mi percorre la mente. Associo quelle parole a quegli occhi affaticati, a quella voce flebile. Sono sorpreso, non avevo compreso quanto a fondo fossimo arrivati. C’è anche il racconto di una fucilazione che è una metafora di quegli uomini, del loro coraggio, della loro spavalderia, dei loro ideali, dei loro sentimenti. Mi sembra che contenga tutto, la vita, la morte, il senso di quella scelta che era insieme voglia di una vita nuova e la disponibilità a morire per essa. Potrebbe sembrare un paradosso, eppure non può esserlo. C’è ancora la rabbia e l’amarezza per aver perduto una guerra, combattuta fino all’ultimo minuto, fino all’ultimo respiro. Solo ora comprendo che è per questo che sono venuto fin qui.

Vous avez tué quelqu’un pendant la guerre?

Hai ucciso qualcuno durante la guerra? è solo una delle tante domande che abbiamo rivolto ai nostri tre uomini, forse tra le più difficili da fare, forse tra le più difficili a cui rispondere. Ci hanno parlato di fatti storici, di battaglie, di compagni morti, di coincidenze, di paura, ognuno a modo suo.

José è irriducibile, ancora arrabbiato per aver perso quella guerra, lui che nel febbraio del 1939, la guerra ormai persa, torna in Spagna perché se c’è ancora un lembo di terra repubblicana c’è ancora speranza. Non riuscirà a riprendere le armi, sarà troppo tardi e si ritroverà nel porto di Alicante, tra migliaia di prigionieri, e assisterà a una scena che ancora turba i suoi sogni.

Vicente è lucido, crede fermamente in quello che ha fatto. Quando parla della guerra non sbatte nemmeno per un attimo gli occhi che mi punta addosso. Sorride invece, quando ricorda gli episodi rocamboleschi che ha vissuto e le strane casualità che danno la morte a chi la teme e lasciano la vita a chi la sfida. Poi si mette improvvisamente la mano in faccia quando racconta delle cataste di morti sull’Ebro.

Antoine è stanco, ricorda a tratti, lampi di memoria che gli illuminano gli occhi all’improvviso. Sembra combattuto tra il desiderio di raccontare e quello di trovare pace, di accettare ciò che è stato: la sconfitta, la ferita che ha segnato per sempre la sua esistenza, la morte della moglie, conosciuta in Spagna, sul fronte, con la XII Brigata Internazionale Garibaldi. Ti ricordi di una battaglia in particolare?, gli abbiamo chiesto. Mah, ha risposto lui, le battaglie erano tutte uguali, noi eravamo Gli Arditi, attaccavamo per primi, poi venivano tutti gli altri.

Quando non eravamo con loro eravamo in macchina, tra Toulouse e un piccolo paese a un’ora di distanza, a parlare di noi e del documentario, a volte a prenderci in giro a vicenda per ridere un po’. Oppure davanti a uno schermo a visionare il materiale, a copiare le foto e i filmati per paura di perderli. Oppure dormivamo esausti sul divano, accanto al gatto Nuk, nella casa della famiglia Bagnara Bernat che ci ha accolto meravigliosamente.

Ieri siamo tornati a Roma, stanchi, così stanchi da non sapere se essere contenti oppure no. Abbiamo ore ed ore di girato da rivedere, da tradurre, da rileggere a mente fresca, alla ricerca di un filo che per ora intuiamo ma ancora non abbiamo pienamente afferrato.

La voce di Radio Spagna Libera

radio
Ricercare gli ultimi brigatisti in vita non è un lavoro propriamente facile. Esiste anche una pagina apposita su Wikipedia ma le lacune sono notevoli, come ogni cosa che riguarda questa guerra.Tra le persone che ho contattato c’è anche il presidente dell’AICVAS, Italo Poma, figlio del brigatista Anello Poma. Un simpatico bresciano con la passione per la ricostruzione delle storie della Guerra di Spagna. Mentre parlavamo di vecchi partigiani, di pellicole perdute da ritrovare negli archivi RAI, butta lì una mezza frase: e poi ci sarebbero i fratelli Grossi di Napoli, Ada e Aurelio, anche se non so se Aurelio sia ancora vivo. “Scusa, e chi sarebbero?”, gli faccio io. “Fratello e sorella che hanno partecipato alla guerra, insieme al padre Carmine, la madre, Maria Olandese, e l’altro fratello Renato, senti lo storico Giuseppe Aragno per conoscere la loro storia”. “Ma allora non sono tutti morti i combattenti italiani nella Guerra di Spagna”, è la prima cosa che penso tra me e me. Contatto Aragno e vengo a conoscere la storia di una famiglia di socialisti napoletani che dopo l’omicidio Matteotti, per sfuggire alle persecuzioni fasciste emigra in Argentina e allo scoppio della Guerra civile spagnola parte alla volta della Spagna. Qui fondano la radio Spagna libera che trasmette verso tutta l’Europa per sensibilizzare alla causa repubblicana. Ada, allora diciannovenne, è la giovane voce di quella radio a cui si dedicherà fino a che i contrasti tra il PCE e suo padre non la indurranno a lasciarla . Aurelio e Renato combattono come telegrafisti nell’Esercito popolare. Renato resta sconvolto dall’esperienza spagnola e le forzose cure degli ospedali psichiatrici lo destabilizzarono per sempre fino alla sua morte, nei primi anni 2000. Aurelio, invece, è ferito e perde un occhio. Di loro si perdono completamente le tracce fino a quando lo storico Giuseppe Aragno, durante alcune ricerche di archivio, si imbatte nuovamente in loro e scopre che Ada e Aurelio sono ancora vivi e sono tornati a Napoli. Di loro non ci sono interviste edite e, sebbene non siano in buone condizioni di salute, proveremo ad ascoltare la loro storia, raccontata da Aragno alla loro presenza. Sarà il nostro modo per rendere omaggio al coraggio di questa famiglia.

Intervista a Rossana Platone

Martedì sera, in una delle serate più calde e afose che ricordo, abbiamo intervistato Rossana Platone, docente universitaria e studiosa di letteratura russa, nata a Mosca nel 1931. È da anni amica di Pasquale e io la conobbi durante le mie ricerche sulla guerra di Spagna. È la figlia di Felice Platone, dirigente del partito comunista, che ha combattuto in Spagna dal 1937 al 1938 come capo di stato maggiore della XII Brigata Garibaldi, coinvolto quindi nelle battaglie di Brunete, di Huesca e alla ritirata di Caspe all’Ebro (marzo 1938), nota anche come prima battaglia dell’Ebro.

Rossana ci ha raccontato la vita di un uomo che ha attraversato guerre e partecipato di momenti storici sin dalla giovinezza: la prima guerra mondiale, poi gli anni di Torino, dove nasce il sodalizio con Antonio Gramsci e collabora al giornale Ordine Nuovo, la fondazione del PCI al congresso di Livorno del 1921, poi la clandestinità, Zurigo, Parigi e infine l’arrivo a Mosca. E ancora la guerra di Spagna, la resistenza in Francia, passando per un periodo di detenzione, e ancora la resistenza in Italia, raggiunta passando le Alpi a piedi, il lavoro sui Quaderni dal carcere di Gramsci. Ma Rossana ci ha anche fatto intravedere la storia di una famiglia, di una donna che mantiene la famiglia quando il marito è in clandestinità, di due bambini che per anni non vedono il padre. Un padre che pochi anni dopo la fine della guerra, nel 1955, si ammala e muore prematuramente. Un padre piemontese che parlava poco degli anni della guerra, delle scelte politiche, che forse cercava nella famiglia il rifugio da una vita pubblica che gli ha chiesto molto.

Era l’innesco del nostro viaggio, così ci siamo detti. Siamo in cerca di punti di contatto, di intrecci tra le storie, di connessioni. Per uno strano caso tutti e tre i nostri testimoni hanno combattuto in Spagna a fianco degli italiani ma uno in particolare, Antoine Pinol, proprio nella XII Brigata Garibaldi, quando Felice Platone ne era il capo di stato maggiore. Avremo qualcosa da riportare a Rossana al nostro ritorno a Roma?

Una storia fatta di storie

Un progetto così non nasce per caso. Circa sei anni fa decisi di dare corpo a un’idea che fino ad allora avevo coltivato praticamente in solitaria, leggendo libri sull’argomento, prendendo appunti e scrivendo brani di una storia che aspettava di comporsi in un quadro leggibile e condivisibile. L’idea era quella di scrivere un romanzo che tentasse di tracciare un confronto generazionale tra noi e loro. Loro sono i ragazzi che andarono a combattere in Spagna, volontari, decine di migliaia di giovani uomini e giovani donne che lasciarono i loro paesi per difendere la Repubblica, forse per fare la rivoluzione, sicuramente per sconfiggere il fascismo. Noi siamo i ragazzi della mia e della nostra generazione, vissuti nel cuore di una civiltà occidentale intrisa d’individualismo ma anche di speranza, in un’Europa che negli anni novanta apriva le frontiere, tra Erasmus e viaggi di formazione. La chiave di lettura del confronto era quella che in seguito chiamai nozione di futuro, ovvero la capacità, ma anche il coraggio, di sentire e vivere la propria vita come parte di un percorso collettivo e umano più ampio nel quale, la vita stessa, trova la sua ragione.

Gli aspetti politici, le questioni storiche, il tema del confronto generazionale. Nello spazio consolidato della nostra lunga amicizia, con l’aiuto di Pasquale trovai la lucidità e la forza di tracciare – di tentare almeno – quel confronto generazionale, incontrando prima César Covo, brigatista francese di origine bulgara, morto purtroppo nel marzo di quest’anno, e poi Wilebaldo Solano, spagnolo, all’epoca giovane dirigente del P.O.U.M., scomparso ormai due anni fa. Il romanzo l’ho scritto, è maturato, soprattutto grazie agli insegnamenti e al supporto di persone competenti, e ora cerca un editore. Ma questa è un’altra storia, o meglio una delle storie che ci hanno portato sin qua.

Qualche mese fa Pasquale, che già lavorava a un documentario sulla Resistenza, mi chiese se avevo notizie di persone che avevano combattuto nella guerra di Spagna ed erano ancora vive. Si chiedeva se sarebbe ancora stato possibile, quasi ottant’anni dopo il golpe di Francisco Franco, parlare con qualcuno dei protagonisti di quegli anni. Io non avevo più notizie né le avevo cercate – confesso che avevo paura di scoprire che gli uomini che avevo conosciuto e intervistato fossero morti – ma questa idea cominciò da subito a ronzarmi per la testa. Ci dicemmo che se mai ce ne fossero stati di vivi, quegli uomini erano sicuramente gli ultimi. Che significa essere gli ultimi depositari di una memoria che ha gli anni contati? Era ancora il coraggio di quegli uomini ad affascinarci, la capacità di mettere in gioco la propria vita perché era necessario fare la cosa giusta. Ed era la capacità di riconoscere oltre ogni ragionevole dubbio la cosa giusta da fare, e farla, come segno distintivo dell’essere uomini, a sorprenderci. Era ancora quella “nozione di futuro”, ma non solo. Ora ci interessavano gli uomini, non solo i combattenti di ottanta anni fa. Gli uomini che ricordano e sanno di essere gli ultimi testimoni, gli ultimi ad aver visto con i propri occhi fatti e persone ormai consegnate alla storia. Ci interrogammo sul senso della memoria, del tramandare, sul passaggio del testimone che forse era caduto e che nessuno aveva saputo o voluto raccogliere. Che cos’è un’eredità? Noi l’abbiamo rifiutata? O sono stati i nostri genitori, la loro generazione, che ha preferito dimenticare, costruire una memoria ben confezionata che non mettesse più in discussione i risultati raggiunti? Si era spezzato da qualche parte quel filo che lega la storia di tutti con la Storia, quella con la esse maiuscola?

Quasi due mesi e decine di mail e di telefonate dopo, siamo pronti a partire per incontrare Joseph, Vicente e Antoine, 96, 98 e 100 anni. Tre uomini ai quali chiederemo di aiutarci a trovare possibili risposte per le nostre domande. Per permettervi di seguirci nel nostro cammino, che venerdì ci porterà a Toulouse, nei prossimi giorni vi parleremo delle loro storie.

Il progetto: i primi saranno gli ultimi

despedida+de+las+brigadas+Internacionales[5]

Quando abbiamo contattato le associazioni dei reduci delle Brigate Internazionali, italiana, francese e spagnola, ci è stato detto: perché solo ora? E’ troppo tardi, non c’è quasi più nessuno di loro. In tutto il mondo non restano che una manciata di reduci, una decina, quasi centenari. In quel momento abbiamo capito che uno dei motivi per cui volevamo fare questo documentario era proprio perché “era tardi” . La sensazione che stavamo per perdere gli ultimi testimoni di quell’evento era la vera spinta emotiva che ha ci precipitato in questo progetto. Abbiamo scandagliato gli archivi dei reduci e abbiamo scoperto che in Europa ce n’erano ancora tre. Tutti e tre vivono in Francia, vicino Tolosa. Con fatica siamo riusciti a contattarli, ci siamo accertati che fossero nelle condizioni di rilasciarci un’intervista e abbiamo deciso di partire. Si tratta dei fratelli Joseph e Vicente Almudever e di Antoine Piñol. Li intervisteremo tra l’11 e il 13 luglio. Prima di partire ascolteremo la testimonianza di Rossana Platone, figlia di Felice Platone, capo di stato maggiore delle Brigate Internazionali nel 1936. Proveremo a capire i collegamenti tra queste storie che si sono intrecciate in quei mesi di guerra tra il 36 e il 39. E proveremo a raccontare questa storia in modo da restituirne il valore e l’emozione. Dai primi elementi che abbiamo raccolto emerge che furono tra i primi a giungere in Spagna per combattere ed ora sono gli ultimi che possono raccontarla per averla vista. Per noi si preannuncia un’impresa non facile e dall’esito non scontato ma sapevamo che dovevamo tentarla, perché è l’ultima volta che possiamo provarci.

Perché un documentario su di loro?

repubblicani

La Guerra Civile Spagnola è il primo atto del  grande scontro tra le forze progressive generate dal movimento operaio e la reazione fascista nel  XX secolo. In questo scenario la partecipazione dei volontari internazionali a difesa della Seconda Repubblica spagnola è il punto più alto della solidarietà internazionale e la forma più compiuta del diritto di ogni cittadino del mondo di affermare i propri diritti di progresso. Ma oltre questa lettura politica resta uno straordinario momento di confronto umano e personale in cui ogni individuo è posto di fronte al dilemma del rischio della propria vita per l’affermazione di un principio generale. Sebbene siano trascorsi quasi 80 anni dall’inizio di quella guerra, alcuni dei volontari che scelsero di combattere per la democrazia spagnola sono ancora in vita e questo rappresenta una straordinaria opportunità di scorgere negli occhi di questi protagonisti e dalla loro voce le ultime testimonianze che possono rendere al mondo. Incontrarli è un modo per entrare fisicamente nella Storia, quella con la s maiuscola, ma è anche un viaggio personale che pone gli autori di questo documentario di fronte ad esempi di coraggio e determinazione che restano un patrimonio imprevedibile di risorse che giacciono in fondo al cuore dell’essere umano e che possono fungere da guida per le sfide di un presente che ha smarrito quasi ogni distinzione tra male e bene.